Nunchaku o non nunchaku, questo è il dilemma.

L'arma orientale, composta da due bastoni uniti da una catena, è stata al centro dell'imputazione a carico di un 43enne di Porto Torres trovato in possesso dai carabinieri di uno strumento simile nel 2021 all'interno della propria vettura. Per lui scatta quindi l'accusa di porto d'arma atta a offendere e un processo conclusosi oggi in tribunale a Sassari con l'assoluzione, e il rito abbreviato, perché il fatto non costituisce reato.

Ma il cuore della vicenda stava proprio nell'identificazione del corpo di reato, esibito anche in aula davanti al giudice. Per l'imputato, difeso dagli avvocati Bruno Conti e Paolo Spano, si trattava di un semplice rifiuto, un manico di scopa tagliato in due, pronto a essere gettato in un centro ecologico, insieme ad altra spazzatura, respinta però dagli addetti perché raccolta in modo indifferenziato.

Invitato a conferire in modo corretto il 43enne tornava verso casa e, nel corso della serata, veniva fermato dai militari che, scoprendo il simil-nunchaku, lo denunciavano. Una definizione che rifiutava definendolo invece un giocattolo e non un'arma ninja come confermato dal padre sentito oggi in audizione. E alla fine è arrivata l'assoluzione pronunciata dal giudice Giancosimo Mura.

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