Mirko Farci come Gessica Malaj. Il 19enne di Tortolì fu ucciso due anni fa, nel maggio del 2021, per difendere la madre Paola Piras dalla furia omicida del compagno Shaid Masih, pakistano condannato all’ergastolo per il delitto. Così Gessica nella notte tra sabato e domenica, per difendere la madre le ha fatto da scudo ed è stata uccisa a coltellate.

Destini che si intrecciano tra il paese dell’Ogliastra e Torremaggiore, comune di 16mila abitanti in provincia di Foggia. Paola Piras come Tefta Malaj, sopravvissuta ma con un dolore immenso che la accompagnerà per il resto della propria vita.

Paola Piras ha scritto una lettera alla donna albanese, pubblicata dal Corriere.

«Cara Tefta, io non ti conosco, eppure in qualche modo la sorte — la cattiva sorte — fa di noi due persone vicine. So bene che il dolore ciascuno lo attraversa a modo proprio ma io penso di sapere cosa stai provando. Io lo so perché sono passata nel tuo stesso buio. L’11 maggio di due anni fa mio figlio Mirko provò a difendermi dall’uomo violento che avevo malauguratamente amato e che avevo poi lasciato e denunciato, quando la nostra storia era diventata per me una prigione. Quell’11 maggio si presentò all’alba armato della sua vendetta. E cominciò a colpirmi con un coltellaccio: una, due, tre, 18 volte. Sono stata sul burrone della morte, in coma, per 40 giorni. Quando mi sono svegliata il mio istinto ha chiesto di lui, di Mirko, e le mie orecchie hanno sentito le parole per una mamma più indicibili: “Mirko non ce l’ha fatta”», si legge.

«Ringrazio ogni giorno il cielo di aver cancellato i ricordi di quel che successe, perché non potrei sopportare di ripensare a mio figlio che muore», continua Paola Piras. «Mirko come tua figlia Gessica. Due ragazzi perduti per difenderci da uomini tanto forti di violenza quanto privi di coraggio per sopportare un addio. Ho pensato tante volte, a questo tipo di uomini. Non siete capaci di reggere l’abbandono? Sentite di non poter più vivere senza la donna che vi ha lasciato? Se tutto questo diventa per voi così tanto distruttivo, uccidetevi».

Ancora: «Cara Tefta, ti auguro di essere più forte e reattiva di me. Di non fare la stessa mia strada ma di imboccarne una migliore, meno angosciante, anche se so che sarà difficile. Io sono in balìa di un dolore che si modifica e con il passare del tempo diventa più profondo, come se stese mettendo radici sempre più vigorose nella mia vita. A volte basta un profumo, un colore, un dettaglio piccolissimo a far scorrere un fiume di ricordi che mi porta da lui, dal mio Mirko. A volte a ricordarmelo sono le espressioni del suo fratellino, i suoi gesti».

Poi un consiglio: «Non metterti sulle spalle responsabilità che non hai. I sensi di colpa sono un tormento in agguato perenne e sarà impossibile riuscire a scacciarli sempre, ma bisogna provarci per non far vincere due volte il male. Non sono stata io e non sei stata nemmeno tu a volere e a fare quello che ci è accaduto. La colpa è di chi ha ucciso, di chi non conosce altra ragione che la violenza. È assurdo e ingiusto che ricada sulle nostre spalle».

Paola Piras è stata accusata diverse volte: «Ti auguro – conclude rivolgendosi a Tefta – che nessuno dall’esterno osi mai dire che è stata colpa tua, una malignità che ti mette sullo stesso piano dell’assassino. Con me l’hanno fatto più volte. Colpa mia, ha detto qualcuno, perché dopo la separazione non sono stata solo madre e santa ma mi sono avventurata in una storia sbagliata con un uomo violento, per di più pachistano. Colpa mia che me la sarei cercata. Leggo che hai un altro figlio, tienilo stretto più che puoi, e coltiva e tieni accesi i ricordi di Gessica».

(Unioneonline/L)

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