Sono sempre più numerosi gli adolescenti tra i 14 e i 16 anni che girano con un coltello in tasca o nello zaino, «e finiscono sempre per usarlo». A lanciare l’allarme è Carla Puligheddu, garante regionale per l’infanzia e l’adolescenza, all’indomani del grave episodio di Macomer dove uno studente 15enne è stato ferito da un compagno di scuola.

Il fenomeno, sottolinea la garante, «è dilagante, e in prevalenza maschile. Da un recente studio dell'Università di scienze applicate di Zurigo (ZHAW) emerge la facilità di entrare in possesso di coltelli. E preoccupa il simbolo che il coltello rappresenta nella cultura giovanile, quando portare con sé armi da taglio garantisce apprezzamento sociale».

«È molto preoccupante – dice Puligheddu - che episodi di violenza verbale tra adolescenti nella nostra regione, in prossimità degli edifici scolastici, si concludano col sangue e nelle procure. Secondo la ricerca, un giovane su cinque pare abbia portato con sé un coltello per guadagnarsi il riconoscimento da parte dei suoi coetanei di "vero uomo". Infatti il più delle volte il gruppo condiziona il singolo. Chi non si adegua non è abbastanza "virile" e rischia di essere escluso. Tale consuetudine non è un vezzo, se si considera che per un giovane su tre un coltello dà un senso di sicurezza perché visto come un valido strumento per potersi e poter difendere qualcuno, in modo particolare durante le uscite serali. Da qui l'escalation. Chi consuma più alcol o droghe durante l'adolescenza manifesta comportamenti devianti anche nelle relazioni da adulti per i quali basta un attimo perché spunti il coltello. Vedi i femminicidi».

Giovani «impulsivi e violenti, incapaci di gestire le emozioni. Ma il discorso è sempre lo stesso: non si nasce violenti. Se queste persone trovano interessante possedere i coltelli, qualcosa non ha funzionato durante la loro crescita, nella famiglia d'origine, nelle dinamiche affettive relazionali. L'istruzione gioca un ruolo chiave. I giovani più istruiti ricorrono alla violenza e ai coltelli meno di frequente e hanno anche meno probabilità di diventare vittime. Questo dato è fondamentale per un lavoro orientato alla prevenzione».

Necessario quindi, per la garante, «valorizzare la funzione culturale che la scuola ricopre nella società. Una scuola in difficoltà, lasciata sola ad affrontare situazioni gravi senza mezzi, affidata alla grande generosità dei docenti, dei dirigenti e del personale che vi opera nel tentativo quotidiano di educare alla non violenza e di prevenire le ricorrenti tristissime tragedie».

(Unioneonline/s.s.)

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