Nell’arco di tre settimane il medico Tomaso Cocco, responsabile del centro di terapia del dolore dell’ospedale Binaghi di Cagliari, si era recato in cinque istituti bancari del capoluogo e di Selargius per utilizzarne gli sportelli automatici, era entrato tre volte alla Conad di via Argentina e Is Mirrionis e due volte al Mediaworld di Sestu, era andato in una farmacia e, servendosi di un taxi, in uno studio dentistico. Spostamenti avvenuti tra il 23 ottobre e il 10 novembre 2020, periodo durante il quale il camice bianco aveva l’obbligo di stare in isolamento domiciliare perché risultato positivo al Covid-19 dopo essere stato sottoposto al tampone il 19 ottobre. Invece, secondo quanto ricostruito dai Nas, era uscito da casa entrando in contatto con altre persone e contagiandone una.

Udienza a marzo

Ecco perché la pm Rossana Allieri, già chiuse le indagini preliminari, ora ha chiesto il rinvio a giudizio di Cocco con l’accusa di epidemia dolosa e violazione delle regole anti virus. L’imputato, 52 anni, che si è rivolto per la difesa all’avvocata Rosaria Manconi, si presenterà davanti al giudice delle udienze preliminari Roberto Cau il 22 marzo. Con lui ci sarà il 50enne Vittorio Lai di Vallermosa, che risponde solo del secondo reato ed è assistito dai legali Giorgio Manurritta e Gianfranco Sollai: risultato positivo il 31 ottobre 2020, non era rimasto in isolamento ma tra il 2 e il 13 novembre di quell’anno era stato in una farmacia, un distributore e un market a Vallermosa, quindi in una trattoria a Iglesias e da un conoscente, infine aveva prelevato per due volte a uno sportello automatico.

I controlli del Nas

Cocco, secondo il magistrato inquirente (che ha informato anche ospedale e Ministero), pur sapendo di essere positivo era entrato in contatto con «una pluralità di soggetti» e aveva «trasmesso il virus» proprio a Lai, risultato infetto «qualche giorno dopo». Erano stati i carabinieri, verificando il rispetto delle normative nei presidi sanitari, a rilevare la chiusura di due reparti al Binaghi (uno era quello di Cocco) e a scoprire che il medico usciva da casa nonostante le restrizioni. Ipotesi poi confermata, a loro dire, da altre verifiche. Comprese quelle riguardanti le celle agganciate dal suo telefonino in quei giorni.

(an. m.)

© Riproduzione riservata