«Se le api scomparissero dalla faccia della terra, all’uomo non resterebbero che quattro anni di vita». Non è certo che la celebre predizione l’abbia realmente pronunciata Albert Einstein, a cui viene attribuita, ma è certo che la profezia non è campata per aria. In Sardegna le fiamme vivide abbattutesi come un meteorite infuocato sul cuore delle foreste primordiali dell’Isola, dal Montiferru alla Barbagia, hanno avuto l’effetto dirompente di aprire uno squarcio violento sul proscenio del Creato sardo, sul suo labile equilibrio e su quella mano assassina che imperversa come un’organizzazione criminale in lungo e in largo tra lentischi e querce.

Ascoltare la natura

A Grazia Deledda bastava posare un orecchio sul tronco di un albero per ascoltare e raccontare la natura della sua terra: «Ho mille e mille volte poggiato la testa ai tronchi degli alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie, ciò che dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l'acqua corrente». Alla Sardegna, per auscultare il suo stato di salute, il suo respiro, l’ossigeno che genera e consuma, basterebbe rivolgersi alle api. Le ragioni scientifiche dell’importanza di queste austere e laboriose sentinelle dell’ambiente sono tante e tali che si potrebbe abbondantemente fare a meno anche di quelle inutili centraline dell’aria, dispiegate qua e là solo per dovere d’ufficio. In questa terra arsa dal caldo e dalle fiamme l’invocazione è, però, sempre più rivolta al cielo.

Azionisti degli elicotteri

Come se tutti fossero azionisti di quei voli da pale rotanti perenni che turbinano per giorni in cielo a gettar acqua, spesso salata, sulle fiamme che avanzano. Eppure elicotteri e canadair non possono essere la risposta strategica, e per molti versi nemmeno contingente, a ciò che succede nelle selvagge terre di Sardegna, dall’entroterra alle frastagliate coste. Se si decidesse di ascoltare di più la “madre Terra”, forse, si potrebbe percepire e recepire quel, non inutile, grido di dolore. Le api non sono solo insetti. Ascoltare il loro universo è un pò come intrattenersi, in un sol colpo, dal pneumologo, dal cardiologo e persino dall’ortopedico. La lettura dei dati, l’analisi del Creato di Sardegna, sul piano scientifico e strategico, tracciano una sintesi impietosa. Nel 1992 ogni arnia sarda produceva una media di 101,15 chili di miele all’anno, oggi il tracollo è segnato: appena 20 kg. Basterebbe questo dato per comprendere quel che sta realmente accadendo nella terra dei Nuraghi. Il fotogramma è un’impietosa rappresentazione di un termometro che segna allarme rosso. Se le api, le arnie, il ciclo virtuoso della produzione del miele sono in ginocchio non è un problema solo di Francesco Caboni, presidente di Terrantiga, l’organizzazione dei produttori apicoltori sardi. Se le api muoiono, se non sopravvivono, se non si alimentano, significa che la terra, l’aria, e alla fine anche la qualità della vita, stanno segnando il passo. I numeri segnano l’importanza strategica ancor prima di quella economica dell’intero sistema.

2.068 apicoltori sardi

In Sardegna si contano 2.068 aziende apistiche, 70.667 alveari registrati. Il numero delle api in produzione nell’isola appare impronunciabile: 4 miliardi e 200 milioni di esemplari. Tutte a lavoro, per produrre miele, certo, ma soprattutto per garantire equilibrio, habitat naturale e biodiversità. Sono loro che garantiscono l’impollinazione di almeno 95 specie di frutta e verdura e sono determinanti in un’altra infinita quantità di varietà. Per essere più espliciti: è quel lavoro silenzioso, dentro e fuori quei favi di cera e miele, che si garantisce la riproduzione del mondo vegetale. Garantiscono la catena della vita, non la loro, la nostra. Eppure l’agguato consumato dalle fiamme sui promontori di Cuglieri, Santu Lussurgiu, Mandas è solo l’epilogo di un disastro silenzioso che si consuma tra ignavia e indifferenza. Se in 30 anni la produzione di miele in Sardegna ha perso l’80% della propria capacità produttiva significa che il disastro ecologico è dietro l’angolo. E la mancata produzione di miele è solo l’ultima degli effetti. E’ la percezione che relega le api a ruolo di “insetti” che impedisce di traguardare con lungimiranza non solo l’avanzata degli effetti sulla natura e l’ambiente ma anche di individuare rimedi efficaci.

L’urlo delle api

Senza le api non ci sarebbero le piante, e senza le piante non ci sarebbe ossigeno, mancherebbe il cibo e verrebbe meno la qualità del mangiare sano. Il grido d’allarme è affidato ai produttori di miele. Sono loro che per primi toccano con mano quel che si sta consumando in quelle fattorie di dolcezza riposte sui promontori più impervi dell’Isola. A San Sperate, da sempre terra di pesche e arance, nasce e si sviluppa il primo progetto italiano di associazionismo di apicoltori, Terrantiga. Sardi doc, con la duplice ambizione di non perdere il legame profondo con la grande tradizione apicola della Sardegna e dall’altra far sentire senza mezze parole l’urlo delle arnie.

Miele sardo a rischio

A partire dal principale pericolo: produrre miele sardo, di qualità e di straordinaria specializzazione, rischia di essere fortemente antieconomico. A mettere a rischio il già provato sistema apistico dell’Isola, oltre alla totale assenza di strategia globale del sistema natura, ci sono gli incendi, la disboscazione irrazionale, gli insetti antagonisti e la mancata pianificazione di nuova e più adeguata forestazione. Nella terra del corbezzolo, però, avanza il pericolo cinese. La produzione mondiale di miele cresce, sino ad arrivare, secondo i dati della FAO, a 1,86 milioni di tonnellate, con un più 23%. Un dato che non solo non può far gioire ma costituisce il più pericoloso degli avvertimenti. L’incremento così imponente di miele coincide con una gravissima crisi delle produzioni reali e un aumento senza precedenti dei decessi medi degli alveari in Europa e nelle Americhe. Dunque qualcosa di “strano” si sta consumando nell’universo.

Il giallo cinese

La Cina, senza colpo ferire, con una pessima qualità dell’ambiente e inquinamento a manetta, riesce “stranamente” a produrre imponenti quantità di “miele apparente”. Il gigante giallo ogni anno ne esporta oltre 500.000 tonnellate, invadendo tutti i mercati, compreso quello sardo. Il risultato è scontato: crollo dei prezzi dei mieli europei, a partire da quelli della Sardegna, portandoli al di sotto dei costi di produzione. Il risultato rischia di essere peggiore della profezia di Einstein con il fallimento dell’intero settore apistico professionale sardo e non solo. Fine dell’impollinazione come motore delle produzioni agricole e dell’ambiente, con un effetto devastante sulla natura. La mancanza di un giusto numero di alveari in un areale si trasforma in una produzione agraria drasticamente ridotta in qualità e quantità, frutti più piccoli o che addirittura abortiscono, con produzioni ridotte anche del 90%. E non è un caso che nella contea del “Hanyuan”, cuore della Cina, da anni operano impollinatori umani per fronteggiare l’annientamento delle api impollinatrici, devastate dall’uso smisurato di pesticidi. Il risultato in Sardegna è devastante: concorrenza sleale e costi di gestione insostenibili da quando ha fatto irruzione il miele cinese. Il miele “giallo”, ma solo per finta, viene commercializzato con etichette equivoche e miscele improbabili,

Il tracollo dei prezzi

I prezzi sono crollati. Il millefiori, uno dei più apprezzati, da quotazioni attorno ai 5 euro al kg è sceso al di sotto dei 3,5 euro. E i consumatori sardi che, sempre di più, secondo i dati il 30%, si affidano al discount, finiscono nella trappola dei mieli miscelati, neppure confezionati in Italia ma nei paesi dell’est europeo. L’effetto è devastante. Peggio di un incendio. «Quest'anno – racconta Francesco Caboni - con un allevamento di circa 7.000 alveari nella disponibilità dei nostri produttori prevediamo una raccolta di quasi 1.000 quintali di miele, in media con la produzione scarsa di quest'anno di 12/14 kg per ogni alveare. Guadagneremo 5,50 euro al kg, 70/80 euro di guadagno per ogni alveare con un costo di gestione di 150 euro».

Meglio miele sardo

Se crollano gli apicoltori sardi, si ferma la natura dell’Isola. Se il sibilo delle api diventa silenzio, si ferma anche il respiro della terra. Meglio comprare miele sardo.

Mauro Pili

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