Ci sono anche i marmi del Partenone nel duro scontro sulla Brexit fra Regno Unito ed Europa.

Le figure marmoree che ornavano il tempio di Athena Parthenos, gioiello architettonico del V secolo a.C., e vendute al British Museum nel 1816 per 35mila sterline oro dell'epoca, da tempo sono oggetto di discussione tra Londra e Atene.

L'istituzione museale di Londra ha sempre ribadito il suo diritto di possedere le opere (15 metope, 56 bassorilievi di marmo e 12 statue, oltre a una delle sei cariatidi del tempietto dell'Eretteo) mentre la capitale greca le rivuole indietro dal 1981, quando era ministro della Cultura l'attrice Melina Mercouri .

La ragione? Prima di essere acquistate erano state asportate e trafugate fra il 1802 e il 1811 da Lord Thomas Bruce Elgin, allora ambasciatore britannico presso la Sublime Porta.

Una rimozione dunque illegale: ecco perché la stampa anglosassone rilancia oggi allarmata la notizia di una bozza di intesa redatta dai diplomatici di Bruxelles in vista delle trattative post-divorzio che devono aprirsi a marzo e nella quale è contenuta una clausola a protezione di "oggetti culturali rimossi illegalmente nei loro Paesi di origine".

Una dicitura che potrebbe finalmente garantire ad Atene, che ha tentato sia le vie legali che diplomatiche, il diritto a reclamare i marmi.

La bozza, precisa un portavoce di Downing Street, è ancora in fase di definizione mentre fonti diplomatiche di Bruxelles hanno confermato che la clausola non riguarderebbe i tesori artistici arrivati dalla Grecia, ma è rivolta a contrastare il commercio illegale di antichità.

(Unioneonline/D)
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