"Cara Unione,

il 14 agosto mia figlia di 13 anni, intorno alle 17.30, mi comunica che ha fitte intense e insolite nell’addome.

Il dolore diffuso all'addome non passa, anzi, per farsi sentire meglio si concentra tutto in basso a destra. E spinge con tutta la sua forza. Mia figlia si curva e non riesce a camminare. Si fanno le 21 e decido di portarla in guardia medica, previa telefonata per annunciare l’impresa.

Ci inviano al Sirai per ulteriori approfondimenti. Arriviamo al pronto soccorso e dopo un po’ di fraintendimenti su quando è davvero possibile mettere i piedi fuori dalla macchina, atterriamo entrambe sulle nostre gambe. Ci chiedono sommariamente quale sia il problema. Ci registriamo e firmiamo, anche la tredicenne, le nostre dichiarazioni di responsabilità circa le frequentazioni che abbiamo avuto e gli eventuali sintomi. Arriva il medico. Ma ci rimanda al CTO perché mia figlia è una 'paziente pediatrica'.

Al CTO, cui ci rivolgiamo, una dottoressa però ci comunica: 'Devo informare che se fosse una sospetta appendicite lei dovrebbe andare a Cagliari, noi non abbiamo una chirurgia pediatrica… '.

Sono ormai le 22.30 e ci avviamo quindi al Brotzu. Arriviamo in città e tutto sommato senza troppa attesa ci infiliamo nel percorso dell’urgenza pediatrica. Sono tutti molto gentili e accoglienti, li vedo che sospendono il giudizio davanti al nostro racconto e buttano là l’ovvia verità che la mamma stravolta si è persa per strada. Vediamo il chirurgo che sono le due del mattino, quando ormai mia figlia sembra stare un po' meglio e lui conferma: 'Non ci sono i parametri di una gravità da sofferenza appendicolare… monitorate da casa'.

Sono le quattro e finalmente ci infiliamo nel letto.

Alla fine, il succo del discorso è che se abiti nel Sulcis Iglesiente è meglio che non ti faccia venire il mal di pancia, specie se sei minorenne.

Sono delusa e amareggiata che si debba arrivare fino al Brotzu per avere ascolto e attenzione. Ma se fosse stato più urgente?

Grazie dell'attenzione".

M. G. C.

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