"Cara Unione,

vi voglio raccontare la storia di una persona che vive in una ridente, ma non troppo, localitá di mare sarda. Una donna che ha deciso di mettere fine ad un matrimonio durato trent'anni, con un uomo tiranno, poco marito e poco padre.

Questa donna, dal momento che prende questa decisione, sa a cosa va incontro ma procede determinata, confidando nel sostegno morale ma anche pratico di chi é preposto a tale ruolo. E qui le si rivela un mondo strano, quasi surreale, fatto di personaggi indifferenti o pavidi, arcaici o ottusi, come l'assistente sociale che dovrebbe occuparsi di aiutarla a trovare una casa, ad inoltrare domande e documenti, ad indirizzarla verso tutte quelle istanze utili al suo caso. Bene, questa assistente sociale si mostra infastidita sin dal primo colloquio con la donna, assumendo un atteggiamento di manifesta diffidenza, mettendo addirittura in dubbio ció che la sua assistita le rivelava e ostinandosi nel proporre soluzioni non convenienti se non a se stessa, quasi che desiderasse liberarsi del caso che le era capitato tra le mani, perché le costava troppo lavoro forse, o quell'impegno al quale non era abituata?

I carabinieri del paese sono al corrente, da moltissimo tempo, della perseveranza del marito della donna nel mettersi nei guai coinvolgendo in questi tutta la famiglia. Non poche volte hanno effettuato perquisizioni in cerca di armi illegali per caccia di frodo, non poche volte l'uomo era stato convocato in caserma per altri fatti poco chiari. Pure, quando la donna riesce da se a trovarsi una casa e trasferisi la coi figli minori, e di questo cambio di residenza li informa, ecco che le ''consigliano'' di non farlo...''per non incattivirlo oltre, perché non possiamo mica stare tutto il tempo a controllare i passi di suo marito, abbiamo altro da fare noi."

Anche questa inedificante esperienza contribuisce all'impoverimento della fiducia verso chi si pensa dovrebbe tutelarla, ma la donna non si scoraggia. Si trasferisce. Ora si tratta di muoversi per trovare un lavoro. La donna infatti non riceve nulla dal marito, neanche gli assegni familiari per i figli, che pure stanno con lei. Non riceve nulla dal comune. Cerca, e trova, dei lavoretti modesti e molto saltuari che le permettono comunque di avere l'essenziale per vivere. Tutti in nero questi lavoretti, tutti sottopagati. Le si presenta infine l'occasione di un lavoro della durata di sei mesi nella lavanderia di una cittadina, anch'essa di mare, anch'essa ridente ma non troppo. Il suo datore di lavoro la informa subito che dovrá fare turni alternati, mattino e pomeriggio, di cinque ore a turno, sabato e domenica inclusi, per un salario di settecento euro al mese. Non sará assicurata, tutto in nero quindi, come é d'uso in Sardegna, e, dulcis in fundo, le presenta da firmare una dichiarazione giá pronta, in carta da bollo, dove si afferma che le sopraddette condizioni di lavoro siano esclusivamente volontá del lavoratore stesso. Deve inoltre attenersi ad un periodo di prova di dieci giorni, non retribuiti. I costi del viaggio neppure. Dopo questo periodo sta al datore di lavoro decidere se assumerla o meno.

Intanto la donna continua a distribuire il suo curriculum a destra e a manca, sperando in quel qualcosa di dignitoso che sembra in Sardegna non esista piú. Esiste sempre invece il marito/padre padrone, esiste l'indifferenza delle istanze, esiste il piccolo imprenditore che si arroga il diritto tutto personale di esercitare la funzione del Fisco.

La storia di questa donna non é certo al termine, perché senz'altro le sopravvivono dentro quei forti caratteri matriarcali che ancora distinguono molte sarde. Peró, che amarezza essere retrocessi cosí nel tempo!".

M.

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