Un disco di Natale per onorare lo spirito e la magia che rende questo periodo dell'anno speciale e una manciata di canzoni per una voce profonda e intensa come quella di Sergio Sylvestre, il "Big Boy" vincitore di Amici 2016 e anima da crooner.

È uscito nei negozi e sulle piattaforme digitali il suo personale contributo alla causa, "Big Christmas", una selezione di classiche canzoni natalizie (da "Let It Snow" a "White Christmas", "Santa Claus Is Coming To Town", "Have Yourself a Merry Little Christmas") e qualche "intrusione" fuori tema, curate dalla mano di Diego Calvetti. "Volevo fare qualcosa di bello", dice Sylvestre, "un album di Natale 'all'americana', perché è una cosa che è molto sentita nella mia cultura di origine", aggiunge guardandoti negli occhi con sguardo disteso, quasi sognante. Lui, nato e cresciuto a Los Angeles, madre messicana e padre haitiano, scomparso qualche mese fa. "Natale è sempre stato un periodo molto felice nella mia famiglia, ed era molto bello quando ero piccolo".

E sono canzoni che la emozionano ancora?

"Sono canzoni che mi appartengono, alcune anche molto toccanti per me. Ed è stato emozionante poterle reinterpretare, anche quelle che magari col Natale c'entrano di meno".

Come per esempio "Over The Rainbow"?

"È una canzone che ho voluto tanto dentro questo disco e che ho dedicato a mio padre".

È stato difficile affrontarla?

"Sì. Questo è il mio primo Natale senza di lui, una persona che mi ha dato tanto nella vita e io ho voluto cantare agli altri le emozioni che lui ha sempre dato a me. Ho dovuto dedicare tempo e concentrazione a questa canzone, perché a volte non riuscivo a trattenere le lacrime e la troppa intensità che sprigionava mi faceva stare male. Ma poi ha preso il sopravvento la voglia di celebrare la bellezza della vita, che lui ha sempre affrontato con il sorriso".

Che Natale sarà quindi per Sergio Sylvestre?

"Con la mia famiglia siamo sempre stati insieme. Quest'anno sarà diverso, ovviamente, perché non ci sarà mio padre. Ma ho convinto mia madre e i miei fratelli a venire qui in Italia. E mia mamma è contentissima per questo. Siamo molto credenti e quindi questo disco parla anche della felicità che il Natale riesce a portare all'interno di una famiglia, che magari non si vede spesso durante l'anno ma che in quei giorni trova il tempo per riunirsi e festeggiare".

C’è un regalo particolare che vorrebbe ricevere?

"Mi basterà il sorriso dei miei familiari, il pensiero che sono fieri di me e di quello che faccio nella vita. So che sono contenti perché sto seguendo i miei sogni".

Ha paura di deluderli?

"Sempre. Mi confido spesso con mia mamma, prima di fare delle scelte. Mi fa bene non pensare sempre a me stesso, perché a volte penso troppo, e devo lavorare su questo. Devo essere più calmo".

Di sé, della sua famiglia e della sua vita ha scritto di recente in un libro...

"Sono un ragazzo molto sensibile e ho sempre annotato su un diario frasi, canzoni e altro. Dopo che è mancato mio papà non riuscivo più a cantare, avevo bisogno di sfogarmi e mettermi a nudo con le mie emozioni. Ho tanto da raccontare anche se sono giovane, ho vissuto il bullismo e il razzismo sulla mia pelle, ho anche raccontato per la prima volta di un abuso che è successo quando ero bambino. Volevo aiutare i ragazzi, fare qualcosa di bello per non farli sentirsi soli, né diversi".

Voleva comunicare loro, ad esempio, che la diversità è un valore?

"Sì, avevo paura anche del mio fisico, non mi piacevo. Essere diversi ed essere se stessi sono cose belle, positive. E io volevo essere fiero di me. Sono stato fortunato ad avere una famiglia e un padre che mi ha dato tutto questo amore: è stato lui a portarmi in Italia, in un periodo difficile per me, dopo l'infortunio al ginocchio che ha spezzato il mio sogno di giocare a football americano da professionista, una carriera a cui ero ben avviato. Insomma, voglio essere un personaggio positivo".

Delle canzoni che canta dice spesso che la "fanno stare bene". È questo il potere che devono avere?

"Sì, e dico anche che non si può fingere la felicità. Ho fatto un concerto non molto tempo dopo la morte di mio padre ed ero distrutto, avevo in testa l'immagine di mia madre affranta e non riuscivo a dare il meglio. Alcuni ragazzi dal pubblico hanno sollevato dei cuoricini in aria e quel semplice gesto mi ha fatto stare bene, mi ha fatto capire che io ero lì per loro e che non potevo deluderli. Ho capito che il palco serve anche per curarsi, per conoscersi. Quei ragazzi in qualche modo mi hanno salvato. Questa vita ti chiude tante porte in faccia e a volte non ti fa sentire una persona speciale. Ma poi c’è la musica. Che è fluida, è energia e mette le cose al giusto posto".

Marco Castrovinci

(Redazione Online)
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