America first. Ovvero "riportare la produzione manufatturiera negli Usa".

Se questo è lo slogan e l'obiettivo principale del neo presidente statunitense Donald Trump, non è un caso che tra i primi appuntamenti sia stata fissata una colazione con gli amministratori delegati di General Motors, Ford e Fiat Chrysler.

Mary Barra, Mark Fields e Sergio Marchionne sono stati ricevuti oggi alla Casa Bianca, per quello che Trump intende far diventare un evento trimestrale.

"AMBIENTALISMO FUORI CONTROLLO" - Il presidente ha chiesto alle case automobilistiche di aumentare la produzione negli Usa, creando nuovi impianti, in modo da rilanciare l'occupazione. In cambio, ha promesso un taglio alle tasse e una riduzione di "inutili regolamentazioni", anche perché "l'ambientalismo è fuori controllo".

I DAZI - Il messaggio del tycoon era già ben chiaro anche prima che fosse esplicitato ufficialmente, attraverso i canali istituzionali. Nelle scorse settimane, da presidente eletto, Trump aveva infatti minacciato – via Twitter - pesanti dazi doganali sulle grandi case automobilistiche americane che avessero continuato a delocalizzare la produzione all'estero (Messico in testa) per poi esportare negli Usa.

L'effetto era stato immediato, con Ford che cancellava un investimento da 1,6 miliardi di dollari per una fabbrica messicana di assemblaggio della nuova Focus, e General Motors che annunciava un miliardo di dollari da investire nelle attività in madrepatria.

"GRAZIE FCA" - Anche Fiat Chrysler , durante il recente Salone dell’auto di Detroit, ha comunicato investimenti per un miliardo di dollari negli impianti Usa, incassando il ringraziamento di Trump.

Nell'incontro odierno si è parlato anche della scelta di uscire dal patto per il commercio con l’Asia (exit firmata ieri e plaudita ad esempio dal ceo di Ford, Mark Fields). Ma per il momento non sono emerse indicazioni su una revisione del Nafta (l'Accordo nordamericano per il libero scambio), su cui il settore delle quattro ruote conta molto. L'intesa tra Stati Uniti, Messico e Canada è infatti ancora centrale per l'industria automobilistica statunitense, che in Messico produce vetture anche destinate al resto del mondo.

MARCHIONNE - Per Sergio Marchionne e il gruppo Fca l'appuntamento aveva una duplice valenza, viste le accuse di violazione degli standard sulle emissioni diesel di alcuni modelli, lanciate dall'Agenzia per la protezione ambientale (Epa).

Accuse che, partite sotto la "vecchia" amministrazione di Barack Obama, dovranno ora essere gestite dalla nuova presidenza Trump che, sul fronte ambientalista, ha tutt’altra impostazione.

"Apprezzo l'attenzione del presidente nel rendere gli Stati Uniti un luogo ideale per fare affari", ha detto Marchionne dopo l'incontro. Aggiungendo: "Non vediamo l'ora di lavorare con il presidente e i membri del Congresso per rafforzare l'industria manifatturiera americana".

SI' AGLI OLEODOTTI - Nella giornata di oggi, il presidente degli Stati Uniti ha anche firmato due ordini esecutivi per la ripresa dei controversi progetti di costruzione degli oleodotti Keystone XL e Dakota Access. Entrambi i progetti, fortemente contestati dai gruppi ambientalisti e dai nativi americani, erano stati bloccati dall'amministrazione di Barack Obama.
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