Cinquanta giorni dopo il varo del jacket di Ivar Aasen un altro maxi manufatto in lamiera sta per salutare Arbatax. In porto è atteso a giorni il pontone che caricherà uno dei due capannoni attrezzati per i lavori di verniciatura con destinazione Angola.

Nel cantiere produttivo di Ambriz, 170 chilometri a nord della capitale Luanda, il compito di ricomporre il puzzle del fabbricato spetterà a una ditta specializzata di Tortolì. Intanto, ad Arbatax - in uno stabilimento quasi fermo (in corso solo la realizzazione della commessa Egina) - si attendono comunicazioni sui nuovi investimenti: voci di corridoio parlano di sviluppi entro metà giugno.

Nell'oasi Saipem il miraggio di nuovi progetti per sgomberare il campo dalle preoccupazioni. Oltre i cancelli dello stabilimento di via Lungomare c'è lo spettro di dover restare a casa. In un momento in cui il sito produttivo va a dieci all'ora (attualmente sono attivi solo i duecento operai interni), l'azienda del gruppo Eni ha deciso da tempo di trasferire un capannone in Africa.

Nelle condizioni attuali ad Arbatax uno è di troppo: in uno dei capannoni industriali verrà smontato l'impianto di aspirazione, cuore delle maxi strutture dove squadre di operatori specializzati verniciano elementi destinati all'assemblaggio della piattaforma.

Al trasloco logistico seguirà anche lo spostamento di risorse umane dall'ex Intermare: mistero su mansioni e nomi degli operai che rinforzeranno la flotta dei nove sardi già operativi nello stabilimento angolano (due sono di Tortolì).
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