Cosa lega un pokerista incallito malato di gioco d’azzardo con un padre separato? Apparentemente nulla. Il primo ama il rischio al punto da diventarne schiavo. Il secondo ha costruito una famiglia, poi è stato travolto dalla crisi dei modelli tradizionali di convivenza (la famiglia), si è quindi allontanato dal tetto coniugale (o è stato allontanato da un Giudice) e ora guarda crescere i propri figli dal buco della serratura. In realtà qualcosa in comune c’è, è lo status, è la povertà che li accomuna. Sono i “nuovi poveri”, classificati così dall’Istat (che ancora non ha fornito identikit preciso e dati dettagliati) e derubricati spesso ai margini della società da una crisi economica che ha scatenato e fatto maturare problemi latenti. A queste due figure ne va aggiunta una terza: l’imprenditore finito nella morsa di usurai senza scrupoli che continuano a proliferare. Anche nel 2014, dopo un 2013 chiuso all'insegna della fragilità.

MAURIZIO DIVIDE LA CASA CON ALTRI DUE - La Caritas sa dare nomi e volti ai nuovi poveri: in Sardegna l'emergenza ha quindi il volto del disoccupato, del padre separato, dell’anziano con una pensione minima. Maurizio (il nome è di fantasia), vive a Monserrato. È separato da 21 anni e ha due figlie di 31 e 34. Ha lavorato fino al 2004, poi è stato licenziato e fino al 2012 non ha potuto più contare su un reddito. Ha compiuto 65 anni nel 2012 ma in seguito alla Riforma Fornero non è potuto andare in pensione, ha però usufruito di un assegno sociale ma è rimasto scoperto per alcuni mesi e la Caritas, in quel periodo, è stata il suo salvagente. “Divido la casa con altri due signori, uno di 50 e l’altro di 57 anni. Pago quindi la mia stanza ma mi sono ritrovato a non avere i soldi per l’affitto (250 euro) , né per le bollette. Ho allora chiamato la Caritas, ma senza dirlo alle mie figlie. Non sanno nulla, si dispiacerebbero molto”. Maurizio si sposta con i mezzi pubblici. Tifa per il Cagliari e il Milan, ha una Tv in cucina e “un televisorino nella stanzetta” e sogna “di fare un pranzo o una cena con le sue figlie ospitandole in una casa dove sono da solo”.

STORIA DI UN EX GIOCATORE D’AZZARDO – Ci vuole poco per rovinare un’esistenza. Basta un periodo difficile. Basta che debolezza e sconforto irrompano prepotentemente nella quotidianità, togliendo alla determinazione del carattere la forza di reagire.

Francesco (anche qui il nome è di fantasia), 56 anni, lavora alla Asl. E’ un dipendente con un lavoro che gli consentirebbe di vivere dignitosamente, se non avesse tutti i debiti che ha, contratti per far fronte alle spese generate dal gioco. “Se non avessi buttato tutti quei soldi oggi avrei due appartamenti”. E’ un ex giocatore incallito e oggi è arrabbiato con lo Stato, “che per avere delle entrate certe punta sui giochi e consente che negli esercizi pubblici ci siano le macchinette”. Poi, continua, “attraverso il sistema sanitario nazionale spende un sacco di soldi per curare le persone che avendo perso tutto cadono nel baratro”. Anche Francesco si è rivolto alla Caritas. “Ho sempre giocato ma quello che più mi ha fatto male sono le macchinette. La prima volta vinci, poi pensi che vincerai sempre . All’inizio mettevo il resto del caffè e vincevo 40, 50 euro. Poi ti prendi il vizio. Le macchinette in un attimo di rovinano. Ne sono venuto fuori con l'aiuto degli altri e con la forza di volontà non sono più andato nei bar dove c'erano. E' come la droga, hai il pallino”.

LA CRISI HA TRAVOLTO ANCHE LA CLASSE MEDIA - Maurizio e Francesco, due storie diverse. Due testimonianze che dimostrano come “oggi si possa essere poveri pur con la casa e il lavoro”, spiega Lucia Schirru, ricercatrice di statistica economica. Disagio e perdita di stabilità economica hanno colpito tutti, continua Schirru, non hanno risparmiato certo la classe media. Il disagio è assenza di un tenore di vita adeguato: “Persone che facevano parte di uno strato sociale intermedio tra i benestanti e i poveri, che conducevano una stabile vita sociale e professionale, ora sono costretti a scontrarsi con precarietà e disoccupazione. A rendere vulnerabili le persone che fino a qualche tempo fa appartenevano alla classe media e che ora subiscono un processo di mobilità sociale discendente si aggiungono - alla perdita di lavoro o l’instabilità lavorativa - anche altre cause come il peggioramento delle condizioni di salute o la dissoluzione del legame familiare”. E' il caso dei padri separati.

Emanuela Zoncu (e.zoncu@unionesarda.it)
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