Confermata l'assoluzione anche in secondo grado perché mancavano le prove della colpevolezza del primario e del medico curante, ma la morte di Giuseppe Casu, l'ambulante di Quartu Sant'Elena ricoverato con la forza nel 2006 in Psichiatria al Santissima Trinità di Cagliari, si configura comunque come un "macroscopico caso di malasanità". Lo hanno scritto nelle motivazioni della sentenza, depositate oggi, i giudici della Corte d'appello che hanno fatto cadere le accuse nei confronti di Giampaolo Turri e Maria Cantone, i due medici accusato dell'omicidio colposo dell'ambulante deceduto dopo sette giorni passati in un letto di contenimento del reparto. Il procuratore generale Michele Incani aveva sollecitato un anno e sei mesi per ciascun imputato, ma la Corte aveva confermato l'assoluzione del primo grado. Nelle motivazioni i giudici confermano che si è trattato di un caso emblematico di malasanità, ribadendo anche le ipotesi di accanimento farmacologico avanzate dalla Procura. Pur in assenza del nesso causale tra la condotta degli imputati ed il decesso del paziente, i giudici hanno evidenziato "evidenti profili di colpa per negligenza e imperizia". A fine aprile, invece, la stessa Corte d'Appello aveva ribaltato l'assoluzione nei confronti del primario dell'Anatomia Patologica del Santissima Trinità, Antonio Maccioni, condannandolo a 3 anni e 3 mesi, riducendo la pena ad un anno per il tecnico di laboratorio Stefano Esu. L'accusa per il primario era quella di soppressione di parti di cadavere, frode processuale, favoreggiamento e falso (da cui era stato assolto) nella vicenda della sparizione dei reperti autoptici dell'ambulante quartese. Con le motivazioni appena depositate in merito alla sentenza di assoluzione di Turri e Cantone, i difensori della famiglia di Casu annunciano il ricorso in Cassazione.
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