Continua la battaglia legale contro l'ospedale dei genitori del piccolo Alfie Evans, impegnati da mesi in una lotta per non staccare le macchine che tengono in vita il piccolo di 23 mesi.

La data della morte del piccolo, affetto da una malattia neurologica degenerativa, è stata già stabilita ma non può essere comunicata per rispetto della privacy. Ieri il padre, Tom, ha cercato di portarlo via dall'ospedale di Liverpool, forte di un parere legale che diceva che secondo la legge inglese nessuno avrebbe potuto impedirglielo, gli bastava avere con sé i macchinari a cui attaccare il piccolo per tenerlo in vita.

Ma non è riuscito: "L'ospedale Alder Hey - recita un comunicato dei genitori del bimbo - ieri notte ha chiamato la polizia per fermare il trasferimento di Alfie a Roma, all'ospedale Bambino Gesù, bloccando tutte le porte e attivando l'allarme antincendio".

"Trattano il dovere di cura come dovere di uccidere", è lo sfogo di Tom e Katy.

Cosa che sottolinea come l'Alder Hey agisca "in violazione dei diritti dei genitori" e come il piccolo Alfie sia "prigioniero, trattenuto dall'ospedale contro i desideri e i diritti dei suoi genitori".

L'ospedale, continua il comunicato, "ha inoltre minacciato il papà, che cercava di impedire che Alfie fosse assassinato, di accusarlo di aggressione se solo avesse cercato di toccare suo figlio".

In duemila ieri hanno circondato l'ospedale e bloccato le strade per ore, e intanto grazie agli sforzi dei legali della famiglia il tribunale ha emesso un'ordinanza che impone la sospensione dell'esecuzione della sentenza fino a lunedì, giorno in cui sarà ascoltato l'appello dei genitori.

Il desiderio della famiglia è trasferire subito Alfie al Bambino Gesù di Roma, che ha offerto al piccolo "assistenza gratuita per il resto della vita", con elevati standard di cura, "che l'Alder Hey rifiuta di fornire", puntualizzano Tom e Kate.

Dal punto di vista legale la vicenda è andata così, a quanto spiegano i genitori di Alfie: il giudice ha negato che il piccolo sia prigioniero dell'ospedale, così i genitori hanno revocato formalmente il Duty of care ai medici dell'istituto di Liverpool, trasferendolo a uno specialista del trasporto aereo, "un qualificato medico polacco", per portare il piccolo a Roma. Un atto, il trasferimento dell'"obbligo di cura", legalmente esecutivo in Gran Bretagna.

Eppure disatteso: "Siamo indignati per il fatto che, nottetempo, con ulteriori e indifendibili passi legali, l'ospedale abbia ottenuto un ordine via fax, esautorandoci dei nostri diritti sul Alfie. Questo non è degno di un Paese libero".

(Unioneonline/L)

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