L'onda lunga dell'inchiesta che sta facendo tremare società finanziarie e capitani d'industria internazionali arriva anche in Italia e tra i nomi emersi dalle indagini delle 95 testate partner di ICIJ – il consorzio giornalistico tra cui figurano L’Espresso e Report – spunta anche il nome di Felice Rovelli, figlio del patron del polo petrolchimico SIR, legato a doppio filo con la storia recente della Sardegna.

LE FONTI - Lavorando in parallelo, il settimanale e la trasmissione Rai hanno dedicato un approfondimento al filone italiano dei Paradise Papers, un'intricata matassa di milioni di file provenienti dalla società Appleby – specializzata nella gestione di grandi capitali offshore - che collegano nomi illustri della finanza, del jet set internazionale e perfino delle case reali dritti dritti a paradisi fiscali e a sistemi di scatole cinesi dove tenere al sicuro patrimoni miliardari dai controlli fiscali e soprattutto dalla normale tassazione locale.

I CASI IN ITALIA -Anche per l’Italia siamo solo all’inizio delle rivelazioni scottanti, ma già pesa la scoperta dei conti offshore della società Vitrociset, titolare di delicati appalti pubblici per Ministeri chiave dello Stato italiano, Forze Armate e persino Banca d’Italia; e, ancora, dei Legionari di Cristo, dell’impero legato al business di lotterie e giochi della famiglia Bonomi e, guarda caso, anche di un certo Felice Rovelli, erede di quel Nino che tra gli anni '80 e '90 fu al centro di uno dei più clamorosi scandali finanziari e giudiziari della storia italiana. Il figlio Felice risulterebbe titolare di un trust chiamato Gaugin Family, amministrato dalla Appleby nelle Bermuda, ma domiciliato nelle Isole Cook, creato nel 1995 con al suo interno una società anonima e una gigantesca villa appena fuori New York, annessa a un complesso residenziale per super ricchi.

L'imprenditore Nino Rovelli
L'imprenditore Nino Rovelli
L'imprenditore Nino Rovelli

IL CASO SIR SARDEGNA - Per capire la portata della scoperta bisogna fare un passo indietro e ripercorrere la storia del polo petrolchimico SIR fondato in Sardegna dall’imprenditore Nino Rovelli grazie a fiumi inarrestabili di finanziamenti pubblici, cresciuto a dismisura nel territorio di Porto Torrres e poi fallito clamorosamente nel 1979, lasciandosi dietro voragini finanziare, strascichi legali dai contorni inquietanti, un braccio di ferro costato allo Stato e alla banca pubblica IMI quasi 1.000 miliardi di vecchie lire e, soprattutto, l'eredità tutta sarda di terreni inquinati da scorie altamente nocive.

Una storia tutta italiana, che ha per scenario la Sardegna della seconda Rinascita, quella dei grandi poli industriali che si estendono a macchia d'olio trasfigurando il paesaggio dell'isola con l'allettante promessa di portare migliaia di posti di lavoro.

Ma il miraggio dura poco, complice la crisi petrolifera e la mancata pianificazione industriale, e quello che veniva considerato uno degli "imperi" industriali italiani crollerà sulle proprie fondamenta, lasciando 1.600 miliardi di debiti, mentre il patron Rovelli accusa lo Stato italiano e la banca IMI di aver provocato il collasso negando un credito fondamentale. Da lì la richiesta di risarcimento, anni di processi e poi la corruzione di un giudice per ottenere una sentenza a proprio favore, col risultato, nei primi anni '90, di ottenere una vittoria piena per gli eredi e un risarcimento record di quasi 1000 miliardi di lire. Un bottino immenso e una sentenza compiacente, abbastanza per far ripartire la macchina della giustizia, questa volta, però, per recuperare soldi strappati allo Stato italiano, ritrovati in parte dal pubblico ministero di Monza Walter Mapelli.

Così, quanto emerso oggi dall'inchiesta Paradise Papers potrebbe aggiungere un nuovo tassello nella caccia al tesoro dei Rovelli, se non fosse che il signor Felice Rovelli è cittadino americano e versa le tasse in quel Paese.

(Redazione Online/b.m.)

IL CASO VITROCISET

Provincia di Cagliari

La Sardegna nei Paradise Papers

© Riproduzione riservata