In principio, nella nuova terra dei fuochi, fu su muntronaxiu. Eppure qualcuno, oggi, cade dalle nuvole. Generazioni di quartesi impuniti hanno abbandonato dietro il canneto più vicino qualsiasi cosa: aliga, sì, ma anche tutta la collezione dei primi elettrodomestici.

Poi, con le nuove attività produttive e l'abusivismo edilizio, ecco macerie e scarti di officine. In fondo - è il motto degli incivili - così fan tutti.

Anche i Comuni presero a schiaffi norme igieniche all'epoca da perfezionare, con i reflui in libera uscita a Bellarosa Minore, Su Idanu, Is Arenas.

Uccisero anche la produzione delle Saline di Stato. Era il 1985. Acque nere maledette che tuttavia, anche questa è storia, contribuirono a trasformare una discarica in un habitat tra i più importanti del mondo, benedetto nel '77 dalla Convenzione di Ramsar, cittadina iraniana che, sei anni prima, ospitò la firma di un accordo planetario per la tutela delle zone umide.

Non a caso, il piano di risanamento finanziato a Roma a fine anni '80 - 120 miliardi di lire - puntava tutto sull'equilibrio igienico-sanitario delle acque dolci.

Obiettivo: garantire continuità alle oltre cento specie di uccelli che avevano trovato casa tra Quartu, Quartucciu, Selargius e Cagliari, affiancando i fenicotteri.

Is mangonis da due millenni frequentavano le saline, ma solo nel 1993 iniziano a nidificarvi. E nel '99 arriva il Parco regionale Molentargius-Saline: via ai grandi proclami, a partire dalla ripresa della produzione del sale, orgoglio dei quartesi (chi scrive è nipote di un saliniere).

Solo chiacchiere. A Macchiareddu la "Luigi Conti Vecchi Spa" c'è riuscita e oggi accompagna i turisti, su un trenino, tra le montagne bianco-sale.

Sarà il potere dell'Eni. Ma a Molentargius la Regione ha persino sganciato le "Saline" dal nome del Parco, dimenticando - con il sale - anche la bonifica delle mine, esplose giorni fa in faccia ai quartesi. E mentre la natura presenta il conto, ci si nasconde sotto un po' di terriccio. Dai fenicotteri agli struzzi.

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