L'allerta del ministero della Salute è arrivata alle Regioni due settimane fa, ben prima dunque dell'invio delle nuove tabelle del piano di controlli stilato l'altro ieri.

In Sardegna, già giovedì scorso l'Istituto zooprofilattico di Sassari ha esaminato un campione di uova proveniente dall'Oristanese.

Test di routine, visto che il Servizio di igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche analizza ogni giorno latte, carni e tutto ciò che arriva nella nostra tavola.

Ma questa volta, con le analisi fatte per verificare l'eventuale presenza di fitofarmaci fuorilegge, si è cercato anche il fipronil, l'insetticida tossico per la salute umana il cui nome, dopo lo scandalo delle uova contaminate prodotte in Olanda e Belgio, adesso conosciamo tutti.

L'ASSESSORE - L'esame ha dato esito negativo, ma intanto resta alta la guardia - nell'Isola come in tutta Italia - dopo che la Commissione europea ha inserito anche il nostro Paese nella lista dei quindici coinvolti nell'allarme sanitario.

"La Sardegna non importa uova dall'Olanda né dal Belgio, in ogni caso - rassicura l'assessore alla Sanità Luigi Arru - faremo i controlli a campione secondo il piano disposto dal ministero".

La nostra regione, sottolinea Arru, "è abbastanza autosufficiente quanto alla produzione di uova, e la quota di prodotto che arriva da fuori proviene dal nord Italia. I consumatori sardi possono stare tranquilli".

È quel che dice anche Davide Colajanni, comandante del Nas di Cagliari, il nucleo antisofisticazioni dei carabinieri.

"Al momento non abbiamo ancora ricevuto alcuna richiesta di verifiche - dice -, ma i nostri controlli sugli allevamenti, il benessere animale, la tracciabilità delle uova sono costanti".

IL COMPARTO - Con 200 aziende avicole e 200 milioni di uova prodotte all'anno, è vero che i consumatori sardi potrebbero mangiare soltanto un prodotto fresco e a chilometri zero.

Il problema, però, sta nelle produzioni industriali di pasta, dolci e altre preparazioni che utilizzano materia prima di provenienza estera.

È la denuncia fatta da Coldiretti nazionale, nonché da Slow Food e Codacons che ieri hanno puntualizzato:

"I cittadini non hanno alcuna possibilità di conoscere l'origine delle materie prime impiegate: non esiste obbligo di tracciabilità e non è indicato il Paese di provenienza degli ingredienti".

I PRODUTTORI - Salvatore Nonne, proprietario di Fonniuova, è uno dei 200 imprenditori del settore in Sardegna, tra i quaranta più grossi.

La sua azienda di Fonni, inaugurata nel 1980, è stata pioniera del comparto in tutto il Nuorese e oggi, assieme alle altre due attività aperte da concittadini, fornisce 40 mila uova al giorno ai cinque biscottifici del paese. Una filiera del savoiardo nutrita da tuorli che più a chilometri zero di così non si può.

"La pasticceria sarda utilizza per la maggior parte uova fresche locali. Ma il problema vero è che in Italia circolano troppe uova che arrivano dall'estero".

Materia prima, puntualizza l'imprenditore, "che finisce negli ovoprodotti lavorati da alcune grosse aziende e poi utilizzati dall'industria e dai laboratori dolciari di tutto il Paese".

IL MERCATO - Uova sgusciate, tuorli e albume separati oppure mescolati e confezionati in brick di diverse taglie: è così che l'Italia viene inondata di tonnellate di materia prima che può aggirare tutti i controlli, e addio codice identificativo.

Ci sono poi, anche in Sardegna, aziende che vendono con marchio proprio uova acquistate altrove.

"Arriva così - spiega Nonne - la merce dal Continente che viene reimballata e commercializzata".

Come si può difendere il consumatore?

"Affidandosi alla filiera locale e magari al rapporto diretto col produttore".

È quel che dice Elisabetta Aru, titolare della Casa dell'uovo bio, azienda di Villacidro nata nel 1988, convertita al biologico nel 2012 e che oggi produce 4.600 uova al giorno.

"Vendiamo in tutta la Sardegna, ma all'inizio è stata dura far capire al consumatore che quei pochi centesimi in più sul prezzo servono per garantire un prodotto quanto possibile naturale".

Piera Serusi

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