Continua l'offensiva militare lanciata ieri da parte delle forze irachene contro i miliziani dello Stato islamico nella zona di Mosul, a nord dell'Iraq.

Alla battaglia partecipano le truppe di Baghdad, i peshmerga curdi e migliaia di miliziani sciiti. E in prima linea ci sarebbero anche i soldati italiani.

IL RUOLO DELL'ITALIA - Il contingente italiano impegnato a Erbil, a circa 80 chilometri dagli scontri, può rispondere al fuoco soltanto se attaccato: queste sono infatti le regole di ingaggio che prevedono il soccorso ai feriti della coalizione con quattro elicotteri militari, scortati da altri elicotteri da attacco armati con missili.

Inoltre, la Brigata Aosta presidia della diga di Mosul, dove la ditta italiana Trevi è impegnata nella ristrutturazione e nella messa in sicurezza dell'impianto.

MINISTRO: "ITALIANI NON COMBATTERANNO" - Il ministro della Difesa Roberta Pinotti ha voluto chiarire che "i nostri militari sono al momento impegnati in Iraq nella salvaguardia della diga di Mosul, oltre agli addestratori che sono a Erbil e a Baghdad. Complessivamente, tra settore aereo e settore terrestre, noi contiamo circa 1.400 unità. I militari italiani che sono a vigilanza dei lavori sulla diga non saranno coinvolti nella battaglia di Mosul", ha assicurato.

IL BILANCIO DELL'OFFENSIVA - L'operazione è partita da più fronti, con attacchi da sud e da est. Il presidente del Kurdistan iracheno, Masoud Barzani, ha annunciato la "liberazione" dalla presenza dell'Isis un'area di 200 chilometri quadrati intorno a Mosul.

Mentre i peshmerga avrebbero "liberato" nove villaggi a est della città, e - secondo la tv di Stato di Baghdad - le forze di sicurezza irachene, con la copertura aerea della coalizione a guida Usa, hanno riconquistato 12 villaggi a sud di Mosul. Anche se alcune fonti parlano di un netto rallentamento delle operazioni rispetto alla giornata di ieri.

CIVILI IN FUGA - I campi profughi si preparano ad accogliere una nuova ondata di civili in fuga a causa dei combattimenti ed è allarme per il rischio di una crisi umanitaria. Secondo il Norwegian Refugee Council (Nrc), circa 1,2 milioni di persone sono "in grave pericolo" e, stando all'Unhcr, circa 100mila persone potrebbero fuggire da Mosul e scappare verso la Turchia.
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