Delitto Mura, il marito: "Tutta colpa di quello che ho visto in Sardegna"
Per cinque ore Alessandro Musini, imputato per l'omicidio della moglie, la cagliaritana Anna Mura, ha risposto alle domande dei giudici della Corte d'assise di Brescia.
Ha ribadito la sua innocenza: non è stato lui, ha detto più volte, a ucciderla.
La donna, 54 anni, è stata ritrovata morta dal figlio minore il 16 marzo dell'anno scorso a Castenedolo: aveva il cranio sfondato e il suo cadavere giaceva in camera da letto.
Musini, 52 anni, anche lui sardo, ha raccontato quella giornata: era uscito al mattino, poi era tornato a casa perché il suo turno di lavoro iniziava alle 22.
In quel momento ha trovato il corpo di Anna, e ha cercato di muoverlo per capire se ci fossero segni di vita; realizzato che fosse morta, è andato nel panico perché, ha spiegato, molti anni fa, in Sardegna, aveva visto la sorella precipitare dal balcone e tentare il suicidio.
Da quel momento Musini ha dovuto sottoporsi a cure psichiatriche.
Quindi è fuggito in auto, fino a quando è stato bloccato dalla polizia, dopo un giorno e mezzo di ricerche: "Ho sbagliato, dovevo chiamare i soccorsi".
Le macchie di sangue sui suoi abiti se le sarebbe procurate in seguito al malore: "Sono praticamente caduto sul corpo di mia moglie, mi sono sporcato di sangue, ma non ricordo se mi sono ripulito, poi sono scappato perché non credevo a quello che avevo visto".
Nel corso dell'interrogatorio ha poi confermato che lui e la moglie vivessero da separati, tanto che lei aveva già intenzione di contattare un avvocato, ma due giorni prima dell'omicidio Musini le aveva sferrato un pugno: "In realtà era uno schiaffo, ma mi sono subito scusato".
La prossima udienza è prevista per il 15 settembre; entro quella data la Corte dovrà stabilire se sottoporre l'uomo a perizia psichiatrica.