Prosegue il conto alla rovescia verso il 23 giugno, giorno in cui i cittadini britannici saranno chiamati a decidere, attraverso un referendum, se il Regno Unito debba o no restare nell'Unione Europea.

Secondo un sondaggio diffuso ieri dal Mail on Sunday, il 48 per cento degli inglesi è convinto che Londra non debba uscire dall'Ue, mentre il 33 è favorevole alla cosiddetta "Brexit" (ovvero l'uscita della Gran Bretagna, come l'ha ribattezzata la stampa).

Il 19 per cento dei sudditi di Sua Maestà sarebbe invece indeciso.

Nel frattempo, continuano le trattative tra il governo Cameron e Bruxelles, al fine di scongiurare l'allontamento del Regno Unito.

Settimana scorsa le parti hanno raggiunto un accordo per dare alla Gran Bretagna uno status "speciale", ma la consultazione si avvicina e all'interno della politica inglese le spaccature permangono.

L'ultimo a schierarsi a favore della Brexit è stato il sindaco di Londra, Boris Johnson.

"Farò campagna per lasciare l'Unione perché voglio un accordo migliore per la gente del nostro Paese, voglio far risparmiare loro denaro e riprendere il controllo" ha dichiarato il numero uno della City.

Di diverso avviso il ministro della Difesa Michael Fallon, che ha sottolineato i vantaggi derivanti dal "peso collettivo" sostenuto nell'ambito di alleanze come la Ue e la Nato. "Al momento - ha detto - la nostra difesa e sicurezza risiedono nella Nato, non nella Ue, ma la Ue si aggiunge a questa sicurezza, la Ue può fare cose che la Nato non può fare".

Di Brexit ha parlato oggi anche il premier italiano Matteo Renzi.

"Se vinceranno i sì al referendum sulla Brexit le conseguenze peggiori saranno più per gli inglesi che per cittadini europei", ha detto il numero uno di palazzo Chigi. Aggiungendo: "Se dovessi fare una previsione, il problema principale sarà per le sue aziende, i suoi cittadini, i suoi imprenditori. Non è solo giusto che il Regno Unito rimanga nell'Ue, ma è utile soprattutto per loro".
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