L'amministratore delegato di Google, Sundar Pichai, ha appoggiato la decisione di Apple di opporsi all'ordine di un giudice federale di aiutare l'Fbi a "decrittare" l'iPhone di Syed Farook, il killer autore, assieme alla moglie, il 2 dicembre scorso, della strage di San Bernardino.

Sarebbe un'azione che costituirebbe "un preoccupante precedente", ha scritto in un post su Twitter.

Il ceo di Google ha riconosciuto comunque che "le forze dell'ordine e le agenzie di intelligence devono affrontare importanti sfide nel proteggere la cittadinanza dal crimine e dal terrorismo" e ha ricordato che "noi diamo accesso ai dati sulla base di ordini legali validi.

Ma è "una cosa completamente diversa richiedere alle compagnie di rendere possibili azioni di hacking degli apparecchi e dei dati dei clienti".

IL CASO - Alla richiesta avanzata ieri dalla magistratura federale degli Usa, il colosso di Cupertino ha annunciato l'intenzione di non collaborare.

Una decisione che sta diventando un caso mondiale.

L'intento dei giudici americani è quello di ottenere "prove cruciali" per fare piena luce sul massacro avvenuto in un centro per disabili della città Californiana, costato la vita a 14 persone.

L'azienda fondata da Steve Jobs ha però risposto picche.

"Costruire una back door per accedere ai dati criptati dell'iPhone di

Farook costituirebbe un precedente troppo pericoloso", ha spiegato l'amministratore delegato Tim Cook.

Aggiungendo: "Il governo degli Stati Uniti ha chiesto ad Apple di intraprendere un passo senza precedenti che minaccia la sicurezza dei nostri clienti" e che "finirebbero per colpire solo i cittadini onesti che si fidano della compagnia per proteggere i propri dati".

"Ci opponiamo alle richieste dell'Fbi - ha chiosato il ceo della Mela morsicata - con il più profondo rispetto per la democrazia americana e l'amore del nostro Paese, ma noi crediamo che sarebbe nel miglior interesse per tutti fare un passo indietro e considerare le implicazioni".
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