Il pressante interesse di multinazionali americane, cinesi, europee e italiane per il sole e il vento della Sardegna non mira a fare investimenti produttivi capaci di creare ricchezza collettiva e diffondere benessere a scala locale, ma a sfruttarne le risorse naturali per fini speculativi a beneficio dei loro bilanci, incuranti della deformazione, decadimento e distruzione dell’ultima risorsa strategica dell’Isola: il paesaggio.

Questi soggetti non vengono qui a investire per creare occupazione e diffondere benessere, come accade con le buone iniziative imprenditoriali che attivano con i loro capitali, ma non qui. Vengono qui per spremere contributi pubblici per l’uso di risorse naturali come sole e vento, nonostante significhi distruggere l’ultima risorsa vitale rimastaci.

Prenditori sono, nel nostro caso, attratti dal sistema di incentivazione che consente loro di creare valore per oltre 120 miliardi di euro pur nella devastazione di ciò che di bello e unico qui trovano. Questo è il risultato che si profila, drammatico per l’Isola e florido per questi soggetti, se venissero anche solo in parte autorizzati e installati parchi eolici a terra e a mare e spalmati pannelli fotovoltaici su decine di migliaia di ettari del nostro territorio.

Le richieste di connessione pervenute a Terna sarebbero sufficienti a soddisfare i fabbisogni energetici per oltre 50 milioni di abitanti, quando gli abitanti residenti ammontano a nemmeno 1,6 milioni, peraltro in progressiva e rapida diminuzione, tanto che si stima che nel 2065 saranno poco meno di 1,2 milioni.

È evidente la sproporzione tra il fabbisogno energetico locale, anche prospettico, e la pretesa di voler usare la Sardegna come piattaforma per soddisfare bisogni energetici e appetiti economici che nulla hanno a che fare con la popolazione sarda, che, anzi, vedrebbe irrimediabilmente compromesso e mortificato il diritto di continuare il suo faticoso cammino verso sviluppo economico sostenibile e modernità.

Se consentiremo approvazione e successiva attuazione dei piani in corso non sarà più possibile godere del profilo dolce di colline e montagne, di pianure fertili e orizzonti marini come li conosciamo, a tratti persino emozionanti. Non potremo più gratificare lo spirito con la vista della bellezza del Creato, privilegio riservato a coloro che qui sono nati o hanno scelto di venirci in vacanza o risiedervi.

Dovremmo tutti domandarci cosa sia necessario fare ancora per risvegliare coscienza e volontà di reagire a questo sopruso in chi, immerso nella bellezza, si renderà altrimenti conto della sua rarità quando l’avrà perduta. Cosa fare ancora perché i decisori locali e nazionali fermino il danno incombente, assumendosi la responsabilità di adottare tutte le misure corrispondenti. Cosa fare ancora per salvaguardare il bene di proprietà collettiva costituito dal paesaggio, di inestimabile valore economico perché scarso, limitato nella quantità e non riproducibile, una volta distrutto. E cosa fare finalmente per evitare, come spesso accaduto, di procurare vantaggio agli altri e danno a noi stessi, consentendo di fare in casa nostra quello che quei novelli colonizzatori mai consentirebbero in casa loro.

Il nostro futuro

Sprovveduti, in fondo in fondo, questi ci considerano. Cioè, stupidi. E ci disprezzano, pure, perché anche sulle questioni vitali che riguardano il futuro dei giovani e meno giovani di questo luogo diamo spettacolo dividendoci, frammentandoci e atomizzandoci persino, contenti non pochi di favorire prenditori che vengono dall’esterno a scapito degli imprenditori di casa, che mai si sognerebbero di procurare alla loro Terra danni simili. Uno spettacolo indecente, perché stupidi non siamo. Non più di quanto lo siano loro stessi. Ingenui sì, non furbi come loro.

Per queste elementari ragioni venne lanciata, con un’edizione speciale de L’Unione Sarda del 13 marzo 2022, un’importante campagna di informazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica, a cura delle redazioni dei nostri media, con lo scopo di fermare lo scempio paesaggistico e rendere protagonisti i nostri conterranei nella difesa del meraviglioso giardino di casa: la Sardegna.

La voce dell’Isola

Da allora è cresciuta la consapevolezza nella gente sarda, nei paesi e nelle città, nei sindaci e nelle istituzioni ai diversi livelli, anche per merito di comitati spontanei di cittadini sorti al crescere della consapevolezza, oltre che per l’intensa attività dei membri del Comitato per l’Insularità in Costituzione, tutti in difesa del paesaggio della Sardegna.

E veniamo al punto.

È encomiabile lo sforzo della Presidente Todde e della sua Giunta per aver messo a punto un provvedimento che, nelle intenzioni, dovrebbe avere il potere salvifico di fermare l’assalto eolico e fotovoltaico in corso.

Encomiabile perché per la prima volta si tenta di dare una risposta a una questione vitale per l’Isola, cosa apprezzabile per il coraggio manifestato, consapevoli come siamo che vi siano non pochi soggetti interessati a premere che questo scempio - non proprio per fini filosofici - si compia.

Ma diciamoci la verità, in modo franco e trasparente, senza infingimenti, ipocrisie, salamelecchi e furbizie tipiche della vecchia e stucchevole politica da quattro soldi e un piatto di lenticchie, più volte qui all’opera. Diciamocela, come si conviene tra persone serie, e nel rispetto dei rispettivi ruoli, quando sono in gioco interessi e diritti vitali della popolazione sarda, come in questo caso. Dirci la verità è bisogno dell’anima e dovere morale: siamo nati, cresciuti e divenuti adulti, qui; in moltissimi abbiamo assorbito valori fondamentali positivi che da sempre ci accompagnano e contribuiscono al formarsi di ciò che di buono siamo o abbiamo fatto nella vita; siamo figli di questo luogo meraviglioso del quale abbiamo ereditato le meraviglie che la natura, o il buon Dio, ci ha riservato, non per consentirne la distruzione ma per preservarle e consegnarle alle generazioni future, perché ne godano almeno tanto quanto è stato concesso a noi.

Il provvedimento proposto, se non modificato in profondità in Consiglio Regionale, produrrà esattamente ciò che le multinazionali desiderano: la realizzazione di grandissima parte dei parchi eolici e fotovoltaici richiesti a Terna.

Evitare il disastro

L’idea di fermare, da oggi, l’installazione degli impianti per 18 mesi senza fermare il processo autorizzativo dei progetti presentati consentirà, scaduto il termine, la devastazione per effetto della miriade di titoli nel frattempo rilasciati. Devastazione impossibile da fermare: nessuno rischierà di ledere diritti acquisiti esponendosi a richieste di risarcimento danni a carico proprio e dell’erario. E sarà il disastro.

Per avere un’idea minima di ciò che accadrà per l’eolico basta andare a Tergu e percorrere la strada verso Nulvi e Ploaghe: una selva di centinaia e centinaia di pale eoliche ha aggredito colline e valli di quei bellissimi luoghi, devastando il paesaggio naturale come vissuto per millenni da chi ci ha preceduto. O basta andare a Uta, sotto il monte Arcosu, dove sono stati installati pannelli fotovoltaici su centinaia di ettari, sottraendo così milioni di metri quadrati di terreno fertile all’attività agricola.

No alle pressioni

Ciò che dunque oggi interessa è se la volontà di fermare lo scempio che si prospetta è genuino o no, se si è in grado di resistere alle pressioni interessate o no, se si ha la volontà concreta, pratica, operativa di fermare autorizzazioni e installazioni oppure no.

Se come auspico, e come sembra dallo spirito del provvedimento appena varato, la risposta è positiva, ci permettiamo di suggerire alcuni indirizzi che la Regione dovrebbe celermente esplorare per migliorare e rendere efficace, in sede di conversione in Consiglio Regionale, il provvedimento deliberato.

1 – Il Giudice della Corte Costituzionale Sergio Mattarella, oggi Presidente della Repubblica, nel 2014 ebbe a scrivere in una sentenza di “Evitare che una installazione massiva degli impianti (eolici) possa vanificare gli alti valori coinvolti, tutti afferenti la tutela, soprattutto paesaggistica, del territorio”. Ci aveva visto giusto, il Presidente: sta accadendo esattamente quello che con lungimiranza aveva paventato accadesse. Quella sentenza è un pilastro di cui tenere conto, qualunque cosa si faccia.

2 – La Corte Costituzionale a più riprese ha ribadito che le norme di attuazione dello Statuto speciale della regione autonoma della Sardegna in materia di “Edilizia ed urbanistica” riguardano, oltre le funzioni di tipo strettamente urbanistico, anche quelle relative ai beni culturali e ambientali. Questo apre un altro spiraglio importante, meritevole di essere esplorato a fondo: pensiamo alla rete dei nuraghi che, se tenuto conto delle distanze necessarie dai beni archeologici per i siti di installazione, ben poco rimarrebbe come area idonea.

3 – Benché siano sempre attivi i cultori di sofisticate interpretazioni di norme e sentenze per negare il diritto della Sardegna a esercitare le prerogative statutarie e costituzionali, rimane tuttavia che la Regione ha potestà legislativa esclusiva in materia di Edilizia ed Urbanistica e, nei limiti dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato, in materia di Produzione e Distribuzione dell’energia elettrica. Zone agricole, boschi, foreste e punti di connessione con la terraferma per l’eolico off-shore possono essere salvaguardati da una norma urbanistica che prescriva il divieto di autorizzare e installare e/o connettere parchi eolici o fotovoltaici, esattamente come la norma urbanistica impone oggi il divieto di triplicare i volumi nei centri storici o di realizzare complessi residenziali nelle zone agricole. Divieti del tutto legittimi che nessuno può contestare, discendendo da norma costituzionale del 1948.

4 – Opera meritoria ha svolto il T.A.R. Sardegna con sentenze esemplari su temi specifici paesaggistici e ambientali, fra cui quella che ha statuito che il 98,8% del territorio dell’Isola è interessato da vincoli ambientali, del paesaggio e del patrimonio storico, artistico e archeologico, da considerare non idoneo per installazioni eoliche e fotovoltaiche. L’impressione confortante è che c’è un Giudice a Cagliari, al quale bisogna però mettere a disposizione norme chiare e cogenti per la difesa di paesaggio e ambiente.

5 – Favorire nascita e diffusione delle comunità energetiche per produrre energia da fonte rinnovabile per autoconsumo, coprendo di pannelli fotovoltaici i tetti di edifici pubblici, fabbriche, laboratori, case private e aziende agricole. E consentire di realizzare la dorsale per la distribuzione del metano, e in futuro dell’idrogeno, purtroppo impedita qualche anno fa, per finalmente conseguire l’equiparazione tariffaria dell’energia a quella del continente, procurando un risparmio del 30/40% sulle bollette di famiglie e aziende sarde.

Non c’è più tempo

Altre soluzioni, altrettanto valide, richiederebbero allo stato molto tempo per avviare, sviluppare e concludere procedimenti complessi di approvazione, percorsi da avviare e definire con il necessario consenso delle popolazioni coinvolte. Ma non c’è tempo. Se la volontà espressa è reale, come auspichiamo e pensiamo, la Regione ha l’obbligo morale e politico di intervenire in modo deciso ed efficace, con urgenza e immediatezza, mirando esattamente su fotovoltaico ed eolico On Shore e Off Shore, per arginare gli effetti deleteri del decreto sulla Sardegna predisposto da Cingolani e a firma Draghi.

Saremo altrimenti tutti responsabili, ciascuno per il ruolo ricoperto, per devastazione e impoverimento paesaggistico ed economico della Sardegna.

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