Un male oscuro, una problematica troppo spesso sottovalutata. La depressione viene trattata in maniera corretta (in termini di tempi e modi) all’incirca nella metà dei casi più gravi: nelle altre situazioni, invece, è trascurata fino a generare conseguenze serissime nei pazienti che ne sono affetti. Il problema è legato alla “reputazione” storicamente connessa al disturbo, che viene percepito, nonostante i numerosi studi scientifici emersi negli ultimi decenni, come la manifestazione di una debolezza caratteriale.

I fattori di rischio

Le cause che innescano la depressione sono ancora controverse. Esistono dei fattori di rischio universalmente riconosciuti dalla scienza: l’ereditarietà è ritenuta alla base di un caso su due, con numerose ricerche che hanno cercato di individuare se ci fosse una causa legata a sostanze come la serotonina, la dopamina e la norepinefrina, la cui produzione influisce sull’umore. Maggiore è l’incidenza nel sesso femminile, ma anche eventi particolarmente stressanti dal punto di vista emotivo possono aumentare le probabilità di incappare nella depressione. Infine, alcuni problemi fisici - per esempio quelli alla tiroide - o l’uso di determinati farmaci, tra cui i beta-bloccanti, possono dare il via alla patologia.

La sintomatologia

Per riconoscere la depressione è fondamentale rintracciare in tempi rapidi i sintomi, anche se non esiste una sintomatologia precisa come può invece accadere per delle patologie più “tradizionali”: alcuni soggetti depressi appaiono distaccati dal mondo che li circonda, altri invece sono molto suscettibili. Questi segnali sono connessi a quello che il soggetto prova: la percezione delle emozioni cambia di soggetto in soggetto e per questo l’analisi dei sintomi non è semplice.

Dal punto di vista comportamentale, invece, solitamente questi soggetti presentano disturbi nel sonno, svegliandosi anche all’alba, ma questa non è una regola che vale per tutti: in certi casi, invece, si tende a dormire più del normale.

Questa “duplicità” si può manifestare anche nel rapporto verso l’alimentazione: a volte, infatti, la depressione si manifesta con una persistente mancanza di appetito che può degenerare in un disturbo alimentare come l’anoressia o la bulimia. In altri casi, invece, si sviluppa il problema opposto e ci si abbuffa, con un conseguente aumento di peso che genera ulteriori problemi psicologici.

Attenzione poi alle ricadute sul proprio stile di vita: secondo gli esperti, infatti, chi è depresso può eccedere con più probabilità nel consumo di alcolici. E molti si rifugiano nella droga.

***

I numeri del problema nel nostro Paese

La depressione è una condizione particolarmente complessa: non sempre è facile da individuare e da accettare, due passi fondamentali per avviare un percorso terapeutico che consente di tenerla sotto controllo e di limitare le sue conseguenze sulla propria quotidianità.

Gli specialisti, infatti, per arrivare a formulare una diagnosi devono riuscire a identificare il problema senza confonderlo con altre patologie (disturbi d’ansia, disturbo bipolare, demenza senile).

Per questo motivo è importante conoscere le caratteristiche della malattia e la sua diffusione nella popolazione grazie a indagini sul tema, in modo da comprendere quanto il disturbo sia distribuito nella società e adottare le contromosse e le politiche più efficaci per gestire una condizione difficile, che può richiedere un trattamento diverso a seconda dei casi: dalla psicoterapia, utile per i casi più lievi, all’utilizzo dei farmaci, efficace in quelli più gravi.

I casi

In questo contesto sono molto interessanti i risultati connessi allo studio Headway – Mental Health Index 2.0, realizzato da The European House – Ambrosetti in partnership con Angelini Pharma, che ha cercato di fotografare il volto e i numeri della depressione nel nostro Paese. 
In particolare, dall’indagine emerge l’impatto importante che ha avuto il Covid-19 sugli episodi della malattia. Gli adolescenti sono la fetta di popolazione che ne ha sofferto di più di questa situazione: ansia (28%), depressione (23%), solitudine (5%), stress (5%) e paura (5%) sono state le conseguenze più comuni.

Più in generale, si stima che almeno il 50% dei disturbi mentali si manifesti prima dei 15 anni. Ma tali problemi interessano anche circa il 20% della popolazione in età lavorativa, con effetti pesanti sulla propria vita: il tasso di occupazione delle persone affette da disturbi mentali gravi è inferiore di circa il 20-30% rispetto a chi non ne soffre.

I numeri

Lo studio ha evidenziato come in Europa i suicidi dovuti a disturbi mentali e comportamentali rappresentino il 4,8% dei decessi totali. Nel solo 2020 le morti connesse a tali disordini hanno superato quota 250.000 nel Vecchio continente, oltre 52.000 di queste per suicidio, la quarta causa di morte nella popolazione under 20: da questo punto di vista, l’Italia presenta però un tasso molto basso, il quart’ultimo, con solo Grecia, Cipro e Malta che fanno registrare dati migliori.

L’assistenza sanitaria

Il report ha realizzato anche una classifica relativa alla qualità dell’assistenza sanitaria per i disordini mentali: l’Italia si è piazzata al nono posto. Dall’indagine emergono enormi squilibri a livello continentale per quanto riguarda l’investimento nella spesa sanitaria destinata alla salute mentale. A livello europeo, i passi avanti per quanto riguarda le strutture ambulatoriali dedicate sono comunque evidenti. Infine, i costi complessivi legati alla salute mentale, inclusi quelli “indiretti” rappresentati dalla perdita di produttività dei pazienti e dei loro caregiver, ammontano al 4% del Pil totale europeo (oltre 600 miliardi di euro).

© Riproduzione riservata