«Una Sardegna pacifica, sana, libera, solidale, inclusiva, europeista e sostenibile, dove la qualità della vita si basi su servizi efficienti grazie a un'amministrazione agile e capace di rispondere alle esigenze dei cittadini. Puntiamo a un'isola connessa, tecnologicamente avanzata e dotata di un tessuto imprenditoriale innovativo e competitivo».

È l’idea di Sardegna che emerge dalle dichiarazioni programmatiche che la governatrice Alessandra Todde sta illustrando all’Aula del Consiglio regionale. La presidente ha premesso di aver avuto sempre in mente la distinzione «del piano politico da quello personale. E sul piano politico voglio sempre e solo confrontarmi. In modo leale e costruttivo. Oggi sono la presidente di tutto il popolo Sardo, di chi ha votato per noi e di chi ha votato per proposte alternative alla nostra, incluse quelle non rappresentate in questo consiglio. Sono la presidente di tutti quei nostri cittadini che hanno deciso di non partecipare al voto».

Un passaggio importante sulla transizione ecologica: «Deve essere utile prima di tutto alla Sardegna e ai sardi, mirare al mantenimento dell'acqua come bene pubblico e ponga al centro paesaggio e ambiente, valori primari e beni non negoziabili. Non tollereremo speculazioni».

Dieci assi programmatici da promuovere nel prossimo quinquennio, tra cui cita «la rinascita dei servizi pubblici con particolare attenzione alla sanità ed ai suoi livelli essenziali, la promozione del "buon lavoro", lo sviluppo di un modello economico adatto e non subito dall'isola, il diritto ad una mobilità interna ed esterna che superi la nostra insularità e a un'istruzione di qualità, l'investimento in autodeterminazione e la necessità di una rappresentanza adeguata a livello europeo e globale». 

Salute al primo posto tra gli assi programmatici. «Dobbiamo intervenire urgentemente, data la criticità della situazione in Sardegna, schiacciata da carenze di personale, distribuzione ineguale delle risorse e infrastrutture inadeguate», ha esordito. Al centro ci deve essere «la presa in carico della salute dei cittadini ed il loro percorso sanitario». Come? «Riorganizzando le Asl le Aziende Ospedaliere, con l'ottimizzazione delle risorse, l'avanzamento nell'informatizzazione e nella digitalizzazione dei servizi, inclusa la telemedicina. Fondamentale è il rafforzamento dell'integrazione ospedale-territorio, migliorando l'accesso alle cure e costruendo una sanità più vicina alle comunità».

A livello di politiche sociali, «dobbiamo investire nella sicurezza sociale e nella protezione economica degli strati più fragili della nostra popolazione. Essere poveri non è una colpa, ma una condizione da cui ci si può emancipare con un supporto attivo da parte della regione».

Un passaggio importante sull’Autonomia. «È l’ora di prendersi le proprie responsabilità. Non possiamo continuare a pensare alla nostra autonomia esclusivamente centrata su un piano di di rivendicazioni e richieste economiche nei confronti dello Stato. Impostare su questa sola base il principio di insularità significherebbe abdicare all’esercizio dell’autonomia in nome di una dipendenza più soddisfacente. Errore che spesso in passato la classe dirigente regionale ha fatto. Il principio di insularità è una call to action su cui sarà testata la capacità di pensare l'autonomia della classe politica e intellettuale regionale».

È necessario, piuttosto, lavorare per favorire la nascita di un "Nuovo sistema Sardegna": «Vogliamo lavorare per affrontare sfide cruciali come la partecipazione politica, l'autonomia speciale, l'efficienza amministrativa, i rapporti con l'Europa e col Mediterraneo», ha detto la presidente, «per sostenere questi obiettivi vogliamo introdurre le riforme statutarie e legislative necessarie per migliorare il governo e l'amministrazione regionale, valorizzando le specificità sarde».

Quali riforme? Intanto, «procederemo con la riforma dello Statuto sardo per valorizzare l'autonomia regionale, migliorando la rappresentanza politica, territoriale e di genere. Lo faremo anche mediante un utilizzo cosciente e oculato delle norme di attuazione, quali meccanismo di integrazione delle competenze della Regione Sardegna, in un’ottica di valorizzazione e di centralità del popolo sardo e delle sue esigenze concrete».

In secondo luogo, «puntiamo ad un rafforzamento della presenza sarda in Europa e a un confronto aperto con le istituzioni nazionali, non passivamente, ma in maniera proattiva e consapevole rispetto ai fabbisogni della nostra isola che, ahimè, per troppo tempo, sono stati messi in secondo piano. La riforma mira anche a una gestione più efficace della Giunta, del rapporto tra questa e il Consiglio Regionale nonché dell'apparato amministrativo regionale, con l'obiettivo di migliorare l’efficacia, efficienza e l’economicità nell'attuazione delle politiche pubbliche, con l’obiettivo ultimo di ampliare e rafforzare l’insieme dei diritti speciali della Sardegna».

Tra le altre cose, si mira a «intervenire sulla legge statutaria n.1 del 1977 proprio per dare spazio a un organo esecutivo regionale maggiormente rispondente rispetto alle sfide che attendono la nostra epoca. È una priorità superare la logica “per silos” degli assessorati, valorizzando competenze inter – assessoriali e tavoli di confronto al fine di favorire un lavoro collegiale e non per monadi asettiche e spesso non in grado di coordinarsi tra loro«.

Per favorire lo sviluppo, «punteremo sulla programmazione regionale, gestendo nel migliore dei modi i significativi fondi destinati agli investimenti infrastrutturali. Con oltre 10 miliardi di euro previsti per il 2021-2027, miriamo a ottenere il massimo risultato possibile nel rispetto dei vincoli temporali dei programmi».

Altro obiettivo importante, «la riduzione della lentezza amministrativa, semplificando i processi e potenziando la digitalizzazione per offrire servizi pubblici più accessibili e di qualità».

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