La riattivazione di un retrovirus endogeno alla base della sclerosi laterale amiotrofica. È la conclusione del lavoro pubblicato sulla rivista Nature Communications che apre nuove prospettive per il trattamento della Sla attraverso l'inibizione dell'espressione di questi retrovirus: alcune sono già in fase di valutazione in studi clinici.

Il progetto, coordinato da Avindra Nath e da Marta Garcia Montojo del National Institute of Health, Bethesda, Washington, ha visto la partecipazione attiva di Elena Rita Simula, ospite dell'Istituto per la sua tesi di dottorato in Life Sciences and Biotechnologies dell'Università di Sassari, e di Leonardo A. Sechi, suo tutor, che si occupa da diversi anni del ruolo di HERV-K nella Sla e della risposta immunitaria verso questi retrovirus endogeni.

Al gruppo di ricerca di Sassari coordinato da Sechi contribuiscono per la parte clinica Paolo Solla, Tommaso Ercoli ed Elisa Ruiu nell'ambito dell'Azienda ospedaliera universitaria di Sassari.

Il lavoro documenta, per la prima volta, come la riattivazione di una specifica inserzione del retrovirus endogeno Herv-K inibisce l'espressione dell'asparaginasi, un enzima che degrada la proteina TDP-43. La conseguenza è l'accumulo della proteina nel citoplasma delle cellule neuronali motorie dei pazienti affetti da SLA. Portandole alla morte.

La sclerosi laterale amiotrofica è una malattia neurodegenerativa progressiva che colpisce i motoneuroni, con un'incidenza (2,5-3,6/100.000 abitanti/anno) e prevalenza (18/100.000 abitanti) particolarmente elevate in Sardegna ed in aumento rispetto all'Italia e al resto del mondo, stimando al momento attuale la presenza di circa 300 malati. La malattia può esordire a qualunque età, anche se la fascia più colpita è quella compresa tra i 60 e gli 80 anni.

Il progetto ha beneficiato del sostegno finanziario di importanti enti, tra cui il ministero della Salute che l'ha recentemente finanziato con un milione di euro. 

(Unioneonline/v.l.)

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