Giorgia Meloni difende la sua riforma costituzionale, quella del premierato, di fronte a una platea di imprenditori, accademici, sportivi e artisti, spiegando che per lei questa strada rappresenta «un’occasione da cogliere per stare in pace con la coscienza». Perché, ne è sicura la premier, darà «stabilità», «eviterà al presidente della Repubblica il ruolo di supplente della politica» e «metterà fine alle sovrapposizioni». Un traguardo che vuole raggiungere anche a costo di andare al referendum: «L'ultima parola ce l'avranno gli italiani. Perché la Costituzione non è mia ma del popolo». E nel frattempo, spiega, servirà «una legge elettorale con le preferenze, che ricostruisca il rapporto eletto-elettore».

L'evento, il convegno «La Costituzione di tutti. Dialogo sul premierato», organizzato alla Camera, prevedeva una serie di analisi, anche contrastanti tra loro, da parte di costituzionalisti che hanno studiato a fondo la riforma. Il presidente della Camera Lorenzo Fontana auspica «il più ampio consenso» ma avverte che il dibattito «non deve paralizzare» il Parlamento. La ministra Maria Elisabetta Casellati, che segue in prima persona il ddl approdato oggi in Aula al Senato (con 3mila emendamenti di opposizione), assicura che «non c'è nessun pericolo di deriva autoritaria».

Anche quando Luciano Violante, decisamente contro questo premierato, suggerisce di riunire il Parlamento in seduta comune per la legge di bilancio, la fiducia o i decreti. «Pensiamo - aggiunge l'ex presidente della Camera - cosa farebbero gli avversari se avessero una forma di questo genere fra le mani». «Io mi sono interrogata molte volte su come gli avversari utilizzerebbero questa riforma. Non mi spaventa», sottolinea la premier, parlando nella Sala di rappresentanza della Camera davanti a un pubblico che va dal produttore cinematografico Tarek Ben Ammar a Pupo, passando per Amedeo Minghi e Iva Zanicchi, ma anche Michele Placido e Claudia Gerini, o ancora il nuotatore Filippo Magnini e la campionessa di scherma Elisa Di Francisca.

La presidente del Consiglio passa in rassegna gli aspetti principali di una riforma, fatta «in punta di piedi», che considera spartiacque. Non per il suo esecutivo che, assicura, «è solido e stabile». Ma per evitare altri casi come i governi Conte o quello Draghi. «Questa riforma non riguarda la sottoscritta o il presidente Mattarella», puntualizza Meloni, liquidando come «dibattito ideologico» le proteste delle opposizioni: la Costituzione «è di tutti, la sua interpretazione non può privilegiare una sola cultura politica o un solo punto di vista».

(Unioneonline/D)

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