Il caso di Ilaria Salis, l'insegnante di 39 anni che vive a Milano, ma le radici sono sarde, il padre Roberto è originario di Cagliari. Dallo scorso mese di febbraio è in carcere a Budapest, un carcere di massima sicurezza, con l'accusa di aver aggredito due neonazisti, che hanno riportato lesioni guaribili in pochi giorni, durante il Giorno dell'onore a cui prendono parte i sostenitori dell'ideologia hitleriana. Da pochi mesi la famiglia può incontrare Ilaria nel penitenziario. Il regime detentivo è molto duro.

Ilaria Salis rischia di essere condannata a 16 anni. Il Tribunale ungherese le ha proposto un patteggiamento penale, 11 anni, che lei ha rifiutato. Il padre chiede al Governo di intervenire per tutelare i diritti della figlia. Anche alla luce del caso di un altro italiano, bloccato a Milano su mandato di arresto europeo, per gli stessi fatti e con identica accusa, ma per lui i giudici italiani hanno negato l’estradizione richiesta dall’autorità giudiziaria ungherese «sostenendo che non ci sia proporzione tra la richiesta e il reato di cui è accusato».

Appello al Governo. Roberto Salis ha scritto due volte alla premier Giorgia Meloni, ai ministri della Giustizia e degli Esteri, ai presidenti di Camera e Senato. «Non ho ricevuto risposte, Il Governo evidentemente ha altre priorità», ci dice. Intanto è nato un comitato, che ha ricevuto il sostegno della senatrice Ilaria Cucchi, per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle attuali condizioni di Ilaria e per riportarla a casa nel più breve tempo possibile. Il prossimo 10 gennaio è prevista una conferenza stampa al Senato.

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