Non ha paura di fughe in avanti, di avversari inattesi, di fibrillazioni interne. Calma e gesso: la trattativa è aperta. I confini e gli alleati sono ancora in via di assestamento, ma Christian Solinas rivendica il diritto di giocarsi la partita della riconferma a capo del centrodestra che - precisa - «è anche civico e sardista». Premette: «Sono ancora io il presidente della Regione e guido una coalizione con il dovere di portare a termine questa legislatura, la più falcidiata della storia autonomistica. Abbiamo dovuto affrontare emergenze epocali come il Covid e i conflitti bellici sul fronte russo-ucraino e in Medioriente, con il conseguente aumento sconsiderato dei costi dell'energia e delle materie prime». Quindi il messaggio, chiaro soprattutto ai destinatari: «Credo che, a fronte di una legislatura che di fatto è stata dimezzata rispetto alla durata ordinaria da queste emergenze, ci sia l'esigenza di una continuità per poter portare a compimento i progetti avviati».

Presidente Solinas, il sindaco di Cagliari Paolo Truzzu si è messo al servizio della coalizione. Il centrodestra rischia di correre diviso?

«Credo che nel centrodestra, a livello nazionale, ci sia la volontà di tenere unita la coalizione per andare a vincere di nuovo le elezioni. Non vedo gli amici che propongono le loro legittime aspirazioni come avversari, ma sono convinto che il centrodestra debba cominciare a ragionare da comunità politica e culturale matura, che si propone all'elettorato come forza affidabile e rassicurante. La disponibilità di altri candidati è un fatto democratico, ma penso che tutti meritino di poter andare a secondo mandato sia al Comune di Cagliari che alla Regione».

È pronto anche a correre da solo con il Psd'Az?

«Sono decisioni che il Partito Sardo d'Azione prenderà all'interno dei suoi organi, come ha fatto nella sua lunga storia, valutando la situazione politica con i nostri amici della Lega. Oggi c'è un'alleanza programmatica, con una coalizione ampia di centrodestra a trazione sardista, che noi vorremmo confermare. Se altri ne rompessero il patto fondativo, saremmo costretti a valutare la strategia migliore. La mia Giunta ha avviato riforme importanti e dato risposte in settori chiave. Credo meriti di portare a termine questo percorso perché, su molti fronti, è partita da situazioni ampiamente compromesse».

Quali?

«La Sanità, ad esempio: io sono entrato al governo della Regione dopo l'istituzione dell'Ats, l'Azienda unica, che i sardi ci hanno chiesto di rivedere. E l'ho fatto, riportando l'articolazione territoriale delle Asl senza chiudere neppure un ospedale. Chi ci ha preceduto non ha dato copertura per anni al turnover e ha contribuito a una riduzione progressiva del numero dei medici e del personale sociosanitario e infermieristico. Oggi è arrivata al capolinea una programmazione errata del numero chiuso nelle facoltà di Medicina, durata decenni e che non dipende dalla Regione, ma dallo Stato e dalle Università. Siamo riusciti a ottenere un allargamento del numero programmato nelle facoltà di Cagliari e Sassari, ma chiediamo una moratoria totale per un numero di anni tale da consentirci di riportare nel servizio sanitario pubblico un numero sufficiente di professionisti. La Giunta precedente, inoltre, finanziava appena 29 borse di specializzazione di area medica e 6 di area non medica: noi le abbiamo portate a 259 per i primi e a 81 per gli altri. Ma sono interventi che hanno bisogno di tempo per dare i loro frutti: una laurea in medicina dura 6 anni, una specializzazione 5. Intanto abbiamo avviato un percorso virtuoso».

I nuovi ospedali fanno parte di questo percorso?

«Credo che i sardi meritino più medici, meno liste d’attesa e un sistema sanitario più efficiente. Abbiamo inserito nella legge di riforma due importanti voci: da un lato, con un miliardo e mezzo, la realizzazione di quattro ospedali moderni a Cagliari, Sassari, nel Sulcis e ad Alghero, dove trasferire i principali presidi esistenti. Dall'altro, la riqualificazione degli ospedali rimanenti, che abbiamo iniziato a dotare di strumentazioni all'avanguardia. Penso alle risonanze da poco inaugurate al Brotzu o ai nuovi acceleratori lineari per la radioterapia nell’ospedale oncologico».

E qui si inserisce il “caso” del nuovo stadio di Cagliari.

«Abbiamo detto fin dal principio che Cagliari aveva bisogno di una nuova casa per ospitare il Brotzu e l'Oncologico. Per fare questo ho messo da parte le risorse necessarie, una quota parte del miliardo e mezzo stanziato per i nuovi ospedali, che non sono mai state in alternativa o in competizione con quelle previste per gli impianti sportivi. Nessuno ha mai detto: “o si fa lo stadio o si fa l'ospedale”. Chi ha voluto strumentalizzare la questione ha introdotto un virus che ha intossicato un dibattito pubblico, cui auspicavo prendesse parte la società civile nel suo complesso. Non mi sarei mai aspettato che si tramutasse in una polemica sterile o in una contrapposizione più o meno artificiosa tra Comune e Regione».

Quindi il “Gigi Riva” si farà?

«Spero proprio di sì. Ma questo, a dispetto di quanto si è voluto far credere, non dipende da me. Il rapporto è tra il Comune, titolare del procedimento amministrativo, e il Cagliari. Alla Regione è stato chiesto un cospicuo contributo, stanziato con una legge. Va chiarito che non c’è nessun’altra Regione in Italia che abbia finanziato la realizzazione di uno stadio. Noi abbiamo dato copertura per 50 milioni a fronte dei 10 stanziati dal Comune. Deve essere chiaro che si tratta di soldi pubblici e che, dopo la volontà politica, opera una fase amministrativa in capo ai dirigenti, che dovranno fare i passi previsti dalla legge perché queste risorse contribuiscano a realizzare un impianto sportivo pubblico all'altezza delle aspettative di un club e di una tifoseria che meritano il meglio».

Il momento migliore della legislatura?

«Per un presidente sardista come me credo valga tanto aver sottoscritto con lo Stato l'accordo sulle Entrate più vantaggioso di sempre per la Sardegna. Abbiamo ottenuto una riduzione della compartecipazione al risanamento della finanza pubblica, che è sceso da oltre 800 milioni all’anno a poco più di 300. Vale a dire 500 milioni in più ogni anno sulla legge finanziaria da destinare alle diverse politiche di settore. Inoltre, ho ottenuto prima ancora che l'insularità fosse riconosciuta in Costituzione, non solo un tavolo per la quantificazione degli svantaggi strutturali permanenti derivanti dalla condizione di insularità, ma addirittura un'anticipazione di queste somme, che è valsa 66 milioni nel 2021 e 100 milioni a partire dal 2022 per ciascun anno. Nello stesso accordo ho portato un miliardo e mezzo per investimenti, 111 milioni per l'edilizia sanitaria e oltre 450 a saldo delle vertenze pregresse».

Quello peggiore, invece?

«Certamente i primi contagi del Covid, quando abbiamo dovuto fronteggiare una situazione di emergenza che ha colto di sorpresa tutto il mondo. Abbiamo dovuto apparecchiare delle misure straordinarie per dare immediato ristoro ai sardi. Le istituzioni, i medici, gli operatori e i cittadini hanno saputo fare quadrato. E mi piace ricordare che la Sardegna è stata la Regione che ha gestito in maniera più ordinata la pandemia». +

Tutto qui?

«No. Abbiamo vissuto dolorosamente la scomparsa di validi collaboratori come l’assessore Roberto Frongia, di colleghi e amici come Giorgio Oppi, Giorgio Ladu, Felicetto Contu e di tanti che sarebbe impossibile citare tutti. Sul piano personale, poi, penso sia evidente il costante tentativo di demonizzare la mia figura perpetrato in questi anni da alcune consorterie e camarille forse deluse, mirato a generare un sentimento diffuso di odio che nulla ha a che vedere con la politica. Per fortuna godo della stima e dell’amicizia di tante persone che, ben conoscendomi, sanno quanto sia falso e strumentale certo fango e mi inducono ad andare avanti».

Che posizione ha sull'assalto eolico alle coste sarde?

«Difenderò con ogni mezzo la nostra terra da ogni tentativo speculativo e predatorio. La Regione è sempre stata in modo netto a favore dell’Isola e del suo paesaggio. Per troppe volte nella storia abbiamo pagato servitù di ogni genere. Nessuno può pensare di trasformare la Sardegna in una colonia energetica della Penisola, sul cui territorio l’Italia paga il conto degli Accordi di Parigi sulla decarbonizzazione. Siamo per l’energia pulita, vogliamo contribuire alla progressiva eliminazione delle emissioni di CO2 in atmosfera, ma chiediamo di poter programmare le aree dove installare gli impianti, le quantità e vogliamo che questo si traduca in un vantaggio percepibile in termini di riduzione dei costi delle bollette per cittadini e imprese. Occorre un equilibrio tra le esigenze della riconversione energetica e le ragioni di tutela di valori ambientali e paesaggistici che rappresentano un patrimonio da tramandare ai nostri figli».

Quello della Regione è quindi un “no” senza condizioni?

«Siamo contrari ad un assalto indiscriminato. Abbiamo impugnato il decreto energia del Governo e stiamo chiedendo di poter programmare aree idonee alle installazioni e i limiti per evitare che gli impianti invadano il territorio senza una logica e senza rispettarne le naturali vocazioni».

Un suo sogno è la flotta sarda di cielo e di mare. «Credo sia un sogno razionale.

Da assessore ai Trasporti, 12 anni fa, sperimentai la flotta sarda navale, ma fummo schiacciati dalla disciplina comunitaria sugli aiuti di Stato. Abbiamo riaperto un canale di confronto con la Commissione europea. Una flotta sarda sarebbe il progetto strategico più importante per affermare non solo il diritto alla mobilità dei sardi, ma anche l’altrettanto fondamentale diritto all’accessibilità dell’Isola».

Le emergenze sono anche denatalità e spopolamento.

«In questa legislatura è stato varato il più grande piano mai finanziato in materia. Abbiamo puntato a contrastare la denatalità e lo spopolamento a partire, sperimentalmente, dai centri sotto i 3 mila abitanti, accompagnando le giovani coppie che vogliono mettere al mondo un figlio, adottarne uno e trasferirsi o restare nel paese, con un contributo per ogni nascituro di 600 euro al mese per i primi 5 anni di vita del bambino. Inoltre, abbiamo previsto un contributo per la ristrutturazione degli immobili in questi centri per dare una casa alla famiglia, ed entro i limiti del de minimis diamo anche un aiuto per costituire una piccola impresa commerciale o artigianale che possa creare lavoro. Già nel 2022, 1.442 nati in vari Comuni hanno usufruito del bonus e, sul 2023, contiamo in un saldo addirittura migliore».

Le zone interne chiedono però molto di più.

«Mi piace sottolineare il lavoro per consolidare a livello internazionale un'immagine della Sardegna favorevole per attrarre investimenti in ricerca, sviluppo, innovazione. Lo abbiamo fatto scommettendo da subito nella grande sfida dell'Einstein Telescope a Lula, riutilizzando le miniere di Sos Enattos. Un’azione che si pone sulla stessa linea del radiotelescopio di San Basilio e del progetto Aria, nelle miniere di Seruci, dove si sta riconvertendo il pozzo della miniera per la realizzazione di una torre di distillazione di un gas nobile, l'Argon, che verrà ceduto all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per utilizzi strategici e di ricerca».

I conti della Regione sono in ordine?

«Ad oggi ho azzerato il disavanzo storico della Regione e creato le condizioni perché si possano investire ingenti risorse in tutti i settori. La bontà del nostro lavoro sui conti è stata certificata da Fitch, una delle più grandi società di valutazione al mondo, che per due anni consecutivi ha riconosciuto alla Sardegna un rating superiore a quello dell’Italia». Che voto si darebbe? «Non spetta a me. Il voto me lo daranno i cittadini alle elezioni». 

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