Conclusi i lavori in Commissione sull’autonomia, oggi dovrebbe darsi inizio alla discussione generale. Sembra doversene prendere atto. Eppure, sulla pura e semplice opportunità di offrire l’impulso alla quanto più celere definizione della Riforma Calderoli sulla Autonomia Differenziata per le Regioni a Statuto Ordinario, si potrebbe, forse, argomentare a lungo in considerazione delle imponenti implicazioni di ordine giuridico, amministrativo e, non ultimo, di ordine umano, riconnesse alla sua attuazione specie in riferimento alle Regioni cosiddette Insulari, quale appunto è la Sardegna.

Facendo memoria rispetto a quello che fu l’excursus del procedimento che condusse alla modifica dell’articolo 119 della Costituzione, è il caso di rammentare che il Parlamento Europeo, solo in data 4 febbraio 2016, si era risolto nel senso di approvare una Risoluzione con la quale aveva riconosciuto in modo formale lo stato di insularità di Sicilia e Sardegna. Ed in sé e per sé considerata, la circostanza, anche in considerazione del suo carattere, per così dire, europeo, era sembrata, e sembrerebbe, tutt’altro che di scarsa incidenza.

Intanto, perché attraverso siffatto riconoscimento si puntava ad ottenere un accesso per così dire semplificato ai programmi di coesione definiti ai sensi dell'articolo 174 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea. Quindi, perché, a quel momento, ossia all’anno 2016, la Costituzione Italiana non conteneva alcun esplicito riferimento al cosiddetto principio di insularità, discorrendo piuttosto nei soli termini della specialità con riferimento alla Sicilia e alla Sardegna. Infine, perché la Legge Costituzionale di riferimento ha concluso il suo iter solamente il 28 luglio 2022 recando il titolo indicato di seguito: “Modifica all'articolo 119 della Costituzione, concernente il riconoscimento delle peculiarità delle Isole e il superamento degli svantaggi derivanti dall'insularità”. Nulla quaestio quindi. Se solo non fosse che a tutt’oggi, nonostante l’intervenuto riconoscimento, resta ancora da chiarire se, in concreto, il traguardo formale raggiunto nel diritto interno nazionale possa contribuire in qualche misura a rendere più agile la fruizione delle risorse economiche dell'Unione Europea e, ancora, in quale maniera (sempre se sia compatibile) in quale misura, e sulla base di quali parametri, il riconoscimento nel diritto interno del principio di “insularità” possa coincidere (e non sembrerebbe) con l’interesse perseguito dalla Riforma Calderoli.

Dicendolo altrimenti: se è vero che il richiamo costituzionale espresso dalla condizione d’insularità si presenta in tutta la sua rilevanza, tuttavia, appare altrettanto vero, come osservato da più parti, che ad essere stato introdotto pare essere unicamente un “principio” di ordine generale e non invece una regolamentazione dettagliata e precisa e vincolante di contenuti attuativi. Circostanza che rende assai difficoltoso l’apprezzamento in termini pratico amministrativi delle modalità di definizione degli svantaggi riconnessi alla condizione insulare e dei loro costi specifici nel settore dei trasporti in primis, anche in considerazione del fatto che, allo stato attuale, la questione cosiddetta insulare appare nella sua sola connotazione interna. Ne consegue che la effettiva attuazione della Riforma Calderoli finirebbe per aggravare la posizione giuridico amministrativa delle Isole, nella specie la Sardegna, le quali, al di là ed oltre i contenuti di una Riforma, quella Calderoli si intenda, che avrebbe necessitato di essere preceduta da un Referendum, finirebbero per vedere affievolirsi, e non poco, il raggiungimento dell’obiettivo preminente verso cui il riconoscimento normativo della insularità avrebbe voluto aspirare, ossia il riequilibrio sociale tendente all’apprezzamento delle specificità e alla ripartizione equa e solidale delle risorse disponibili per il superamento di tutte le disuguaglianze e la piena attuazione dei diritti fondamentali. Unità nella diversità. Questo dovrebbe essere l’imperativo categorico. Ed in questo frangente e su questi presupposti andrebbe considerata la opportunità pratico-giuridico di una riforma che finirebbe per minare l’unità del Paese Italia.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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