L e variazioni climatiche e il riscaldamento globale sono realtà incontrovertibili. La stragrande maggioranza degli scienziati concorda sulla responsabilità dell’uomo per l’eccessivo accumulo di CO2 in atmosfera, dovuto all’utilizzo dei combustibili fossili negli ultimi 150-200 anni. Mentre la Cina, l’India e le altre economie emergenti rivendicano il diritto di crescere e ambire ai livelli di vita di Europa e Stati Uniti, il disallineamento delle politiche nazionali determina il ritardo nei programmi di contenimento delle emissioni previsti dall’Onu.

S olo l’accelerazione dello sviluppo delle tecnologie a bassa emissione di CO2 consentirà di vincere la sfida della decarbonizzazione. È in corso una competizione tecnologica a livello mondiale ma le soluzioni devono essere progettate su base locale, tenendo conto delle risorse naturali disponibili e delle infrastrutture presenti o realizzabili. È inutile mettere a punto la miglior auto elettrica del mondo se non è costruita con energia rinnovabile e non c’è la possibilità di alimentarla con energia verde né sono disponibili strade attrezzate sulle quali farla marciare con una adeguata autonomia.

La neutralità climatica non si raggiunge con una sola tecnologia o fonte di energia ma con un mix. La Sardegna in questo momento storico, grazie alle risorse naturali di cui dispone (sole e vento), nel rispetto del patrimonio naturalistico, può creare un nuovo sviluppo economico puntando sulle tecnologie del futuro e sull’idrogeno verde. I nuovi progetti presentati nell’Isola per la produzione di energia rinnovabile (oltre 57 GWe) rappresentano una quantità spropositata sia rispetto al fabbisogno interno (8-9 GWe) che alla capacità di trasporto delle reti elettriche disponibili.

L’imprescindibile tutela del patrimonio naturalistico non deve però indurci a limitare allo stretto fabbisogno sardo lo sfruttamento delle risorse naturali disponibili. La grande disponibilità di energia rinnovabile e il forte sostegno dell’Unione europea alla produzione e all’utilizzo dell’idrogeno verde rappresentano un’opportunità unica per la nostra regione. La Sardegna, programmando sia la quantità di energia elettrica rinnovabile necessaria che il relativo utilizzo del suolo, potrebbe destinare l’energia addizionale (rispetto al proprio fabbisogno) alla produzione di idrogeno verde, per svilupparne l’intera “catena del valore”: dalla costruzione degli elettrolizzatori al know-how della logistica dello stoccaggio e trasporto, fino agli utilizzi finali nella mobilità su gomma e su ferro, nell'industria, nell’agricoltura e nell’edilizia.

In tale contesto, la Regione Sardegna potrebbe definire col Governo un accordo quadro che contenga norme e compensazioni che consentano di arginare ed evitare l’utilizzo speculativo del territorio. Accordo che, tra l’altro, dovrebbe prevedere: la concessione delle autorizzazioni per l’utilizzo dei suoli per produzione di energia rinnovabile addizionale, vincolata alla produzione di idrogeno verde; la destinazione di almeno il 70% dell’energia elettrica addizionale da fonti rinnovabili per la produzione di idrogeno verde; l’obbligo per i produttori di energia elettrica rinnovabile e di idrogeno verde di avere la sede legale e il domicilio fiscale in Sardegna.

L’idrogeno verde non può essere l'unica opzione della decarbonizzazione dell'Isola ma, se strettamente collegato alla produzione di energia rinnovabile “addizionale”, può essere quella di maggior impatto economico. Un recente studio Deloitte prevede nella transizione energetica investimenti globali per 9000 miliardi di dollari e un mercato dell’idrogeno verde di oltre 1400 miliardi. Ciò consentirebbe alla Sardegna di indirizzare la propria transizione energetica verso uno sviluppo sociale e industriale che sia davvero “giusto”, come l’Unione europea si propone.

Presidente Sotacarbo

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