S e l’autonomia differenziata si misura sul potere politico, abbiamo già perso. E il principio di Insularità, inserito in Costituzione, è stato messo in secondo piano rispetto ad altri fattori che non riguardano certo i diritti.

Il confronto è facile da fare. Di recente, il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini ha annunciato che le ferrovie siciliane riceveranno cospicui finanziamenti per la sistemazione di numerose linee. Le cronache parlano di 11 miliardi di euro, mentre altre fonti sommano anche i finanziamenti per opere già in atto sulle strade ferrate sicule, arrivando così a 21 miliardi di euro. In Sardegna, Nuoro continua ad essere uno dei pochi capoluoghi di Provincia senza una ferrovia degna di questo nome e soprattutto che faccia capo allo Stato (la linea è gestita dall’Arst ed è a scartamento ridotto). I 12 milioni (milioni e non miliardi di euro come in Sicilia) disponibili per ammodernare la tratta sono da spartire con la Cagliari-Senorbì e la Senorbì-Isili.

I finanziamenti sono piuttosto esigui rispetto alla Sicilia (la Regione la scorsa estate parlava di 223 milioni di euro stanziati per il sistema ferroviario sardo) e non si riesce neanche a rimettere in moto tutte le linee del Trenino verde che attira buone quantità di turisti.

Ma passiamo ad altre infrastrutture. Il ponte di Messina costerà, per ora, non meno di 7 miliardi, stanziati per una società, riportata in vita dalla liquidazione e partecipata da Anas, Regione Calabria e Sicilia.

Q uindi solo nell’altra grande isola del Mediterraneo arriveranno circa trenta miliardi di euro per opere infrastrutturali. In Sardegna, anche chiedere qualche milione in più per assicurare la continuità territoriale (che in Sicilia è garantita dai collegamenti marittimi tra Messina a Reggio Calabria che attraversano lo Stretto in tempi brevi) sembra un reato. Soprattutto dopo che la Regione ha rinunciato ai finanziamenti su trasporti e sanità in virtù di una maggiore autonomia finanziaria che però è ancora monca.La Val d’Aosta, ad esempio, trattiene il 100% dell’Iva, il 100% dell’Irpef e così via su quanto incassato nella regione. In Sardegna le percentuali si fermano al 70 (il 90 per l’Iva). E il principio di Insularità, come scritto di recente anche sul nostro giornale, è valso appena 5 milioni in Finanziaria.

Evidentemente, se i fondi promessi o arrivati in territorio siciliano, decine di miliardi di euro, sono così cospicui, a differenza di quelli che atterrano in Sardegna, l’autonomia non può che essere già differenziata. Nel senso che i diritti dei sardi alla mobilità, sia interna che esterna, sono molto ridotti. E se su questo pesa il fatto che la classe politica siciliana è più ascoltata a Roma, non c’è di che ben sperare per il futuro.

È certamente vero che il disegno di legge Calderoli può promuovere una maggiore responsabilità nella classe politica (a quel punto sarà più difficile scaricare le responsabilità del cattivo funzionamento della macchina regionale su fattori esterni). Allo stesso tempo, può anche succedere che le alleanze per la formazione del Governo e le famose frasi sull’esecutivo amico potrebbero diventare determinanti. Sulle opere infrastrutturali, dunque, si decide in base a logiche legate all’amicizia, la vicinanza politica o altre scelte. Quello che sta succedendo oggi nel confronto tra Sicilia e Sardegna.

I siciliani hanno così bisogno del ponte di Messina? O sarebbe più giusto assicurare anche ai sardi gli stessi diritti alla mobilità di tutti gli altri cittadini italiani con stanziamenti adeguati per la continuità marittima e aerea come accade in Francia per la Corsica e in Spagna per altre isole? Due domande che ci fanno riflettere sul fatto che le norme impongono il rispetto dei diritti, per esempio quelli contenuti nel principio di Insularità, ma poi sono gli uomini che applicano le leggi. E allora spesso sono dolori.

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