D a sempre, lo spazio politico non si chiede, si occupa. È quanto sta avvenendo in Francia nella vicenda dei gilet gialli, che protestano contro le accise nel silenzio della politica e dei partiti tradizionali. Anche la sinistra sembra distratta, balbetta, prigioniera dell'idea che l'uguaglianza debba raggiungersi con grandi, roboanti enunciazioni. Gli aspetti fiscali, faticosi da interpretare, vengono spesso snobbati come tecnicismi e l' homo economicus sa di arido, non è mai piaciuto.

Eppure le accise sono imposte odiose e inique per varie ragioni, tutte arcinote: 1) contano quasi due terzi del costo dei carburanti: a oggi, su un litro di benzina, quasi 90 centesimi sono accise e Iva. Tradotto: su 50 euro di rifornimento, solo 19 sono per il carburante, 31 vanno al fisco; 2) moltiplicano a dismisura altre imposte; infatti l'IVA si calcola anche sulle accise: quindi imposte su imposte; 3) gravano su un costo, non su un ricavo. Lo Stato non ti tassa quando guadagni ma quando spendi, angariandoti ulteriormente; 4) colpiscono a prescindere dal reddito. Non chi più ha, più paga; l'opposto: ne soffrono di più i deboli; 5) vessano chi vive in territori periferici, nelle isole (quanto pesano le accise sulla continuità territoriale?). Lo Stato ti danneggia quindi più volte: non ti dà infrastrutture adeguate e ti tassa quando usi la tua auto, magari da solo, senza neanche le economie di scala dei trasporti collettivi; 6) non colpiscono i petrolieri poiché essi le scaricano sul consumatore finale. (...)

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