Si è svolto oggi, a Roma, l’incontro fra il padre di Ilaria Salis e il ministro della Giustizia Carlo Nordio. La 39enne, insegnante di origine sarda, è detenuta a Budapest da quasi un anno con l’accusa di aver aggredito due estremisti di destra.

«Non è stata una chiacchierata inutile anche se non ho ancora visto un piano d'azione, ma almeno abbiamo finalmente aperto un canale diretto e Nordio mi è sembrato sinceramente vicino alla famiglia», ha detto Roberto Salis aggiungendo che ha avuto modo di informare la figlia sul colloquio e sui passi fatti finora per la sua liberazione: «È contenta e mi ha detto anche che magicamente dopo 11 mesi domani riceverà la visita dell'ambasciatore italiano in Ungheria, che evidentemente dopo 11 mesi si è accorto della situazione».

«Sono contento di esser stato convocato – ha detto ancora Salis -, anche se è successo 53 giorni dopo la mia richiesta di incontro. Ci hanno messo 53 giorni a rispondermi. Non è piacevole perché mia figlia è da 347 giorni in quella situazione e buttare via 53 giorni inutilmente è un peccato», ma almeno si è cominciato «a dialogare direttamente e ci sono state prospettate possibili soluzioni, che in realtà non ci hanno convinto del tutto. L'obiettivo è portarla ai domiciliari in Italia e per farlo ci sono dei passi che ci lasciano un pochino dubbiosi". Ilaria, sottolinea il papà con un misto di rabbia e angoscia, «si merita una comunicazione diretta da parte dei rappresentanti dello Stato ed è evidente che c'è stato un grosso problema di comunicazioni tra le nostre istituzioni con l'ambasciata italiana in Ungheria, che ha avuto un ruolo fondamentale dato che sia al ministero degli Esteri sia a quello dell'Interno non sono arrivate le comunicazioni corrette. Un'ambasciata - attacca - che non si è accorta che c'era un cittadino italiano torturato senza avvertire neanche i familiari».

Lunedì inizierà il processo e l'obiettivo, confida Roberto, «resta trovare una soluzione per i domiciliari in Italia senza aspettare le scadenze processuali ungheresi». Ma un'ulteriore svolta in positivo ci sarebbe stata anche sulle condizioni della donna dentro al carcere. «Uso ancora l'avverbio magicamente: ora magicamente è stata coinvolta in alcuni laboratori che se non altro la tengono impegnata in carcere».

(Unioneonline/s.s.)

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