Manette ai polsi, ceppi e catene alle caviglie e una catena tirata da un agente come un guinzaglio esattamente come accaduto nell'udienza del 29 gennaio.

È entrata così in aula Ilaria Salis, la 39enne di origini sarde da 13 mesi in carcere a Budapest con l'accusa di aver aggredito tre militanti di estrema destra. 

Per lei, oggi, il giudice ungherese Jozsef Sòs ha negato la misura cautelare dei domiciliari, e dunque si riaprono le porte del carcere di massima sicurezza di Gyorskocsi Ucta.

«Le circostanze non sono cambiate», ha detto il giudice Jozsef Sós aggiungendo che «esiste sempre il pericolo di fuga».

Nella motivazione con cui ha respinto l’istanza presentata dalla difesa, il giudice ha detto che una detenzione cautelare di 13 mesi «non è tanto lunga vista la gravità dei reati contestati», e sottolineato che «il pericolo di fuga sussiste sempre», per questo è necessaria la custodia cautelare in carcere.

Roberto Salis, il padre di Ilaria, è uscito dall'aula subito dopo la sentenza.

Nel frattempo arriva la notizia che un gruppo di legali e amici di Ilaria Salis sono stati aggrediti, al loro arrivo in tribunale, da un gruppo di estremisti di destra. «Ci aspettavano e ci hanno insultato e minacciato in ungherese» ha detto l'avvocato Eugenio Losco. Dicevano: «Stai zitto o ti spacco la testa». «Ci hanno fatto delle riprese con i telefonini, ci hanno ripreso e il nostro traduttore ci ha detto che ci stavano minacciando», ha proseguito Losco.

Del gruppo di una quindicina di persone italiane minacciate faceva parte anche Zerocalcare, oltre a esponenti di Giuristi democratici.

(Unioneonline/v.l.)

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