Sono le 22:05 del 1º ottobre 2017 e sulla Las Vegas Strip 22mila persone stanno seguendo un concerto di musica country quando, da una finestra del 32º piano del Mandalay Bay Hotel, partono degli spari. Pochi minuti di terrore, durante i quali vengono uccise 59 persone e ferite 851.

Quando gli agenti raggiungono la stanza da cui provengono i colpi trovano il killer, Stephen Paddock, sessantaquattrenne nato a Clinton, in Iowa, senza vita. Si era ucciso con un colpo di pistola.

Nella stanza viene ritrovato un vero arsenale da guerra: ben 23 armi da fuoco, tra pistole e fucili, tutte legalmente acquistate e detenute. Almeno 12 di queste armi erano dotate di un bump stock, un tipo di calcio che permette a un'arma semiautomatica di sparare come un'arma automatica. Alcune armi erano dotate di mirini telescopici, bipiedi e caricatori ad alta capienza.

L'uomo aveva soggiornato all'interno dell'hotel per quattro giorni ed era riuscito a portare tutte quelle armi in stanza nascondendole in 21 valigie. Un’azione ovviamente premeditata e ben studiata, anche se il movente, dopo mesi di indagini, è rimasto sconosciuto.

Quel che è certo è che quella di sei anni fa a Las Vegas è stata la più grave sparatoria nella storia degli Stati Uniti.

(Unioneonline/D)

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