"Oggi sono sedici anni che manca Federico. Ogni 25 settembre, alle 6 e 04, un colpo al cuore, fino a spezzarlo. Per una morte violenta ed assurda”.

Inizia così il lungo post pubblicato su Facebook da Lino Giuliano Aldrovandi, che – come ogni anno – ricorda l’anniversario della morte del figlio, il 18enne ucciso a Ferrara durante un controllo della polizia.

Per tornare a parlare della vicenda dolorosa di Federico cita il brano del gruppo reggae sassarese, Train To Roots, dal titolo “Policegun”, dedicato a chi è stato ucciso mentre si trovava nelle mani dello Stato. 

Nella canzone del 2015 “si dice: ‘hai deciso tu quale fosse il mio destino’. Vero, con l’aggiunta: ‘il nostro destino’. Quello della nostra famiglia, una delle tante… di questa nostra Italia Come ti uccisero ora lo sa il mondo. Mi manca ancora un tassello: ‘la verità completa e il perché’. Ovunque tu sia ti giungano ‘tutte queste carezze’, mio piccolo per sempre”, si legge ancora nel messaggio.

La band sarda è particolarmente cara a Lino Aldrovandi, che – sempre nel post – racconta un aneddoto: durante la registrazione del video del brano, l’artista Giuseppe Todde si cimentò in un murale di un volto i cui tratti sono una combinazione di quelli di Carlo Giuliani, il giovane ucciso a Genova durante il G8 del 2001, e Federico Aldrovandi.

L’opera venne realizzata a Serramanna sui muri dell’ex cantina sociale, in accordo con l’amministrazione comunale.

LA MORTE DI FEDERICO – Nato a Ferrara il 17 luglio 1987, Federico Aldrovandi muore all’alba durante un controllo di polizia, eseguito dagli agenti in via Ippodromo a Ferrara. Il giovane stava tornando da una serata passata nel locale Link di Bologna. 

La famiglia viene avvertita solamente alle 11 del mattino, quasi cinque ore dopo la constatazione del decesso del ragazzo e da subito non crede alla versione delle forze dell’ordine, che parla di morte in seguito a malore.

Inizia la battaglia dei genitori Lino Aldrovandi, agente della polizia municipale, e Patrizia Moretti per avere giustizia. 

Nel 2012 la Cassazione conferma le condanne a tre anni e sei mesi di reclusione ai quattro poliziotti considerati responsabili del pestaggio per "eccesso colposo nell'uso legittimo delle armi".

Si tratta di Paolo Forlani, Luca Pollastri, Enzo Pontani e Monica Segatto.

(Unioneonline/F)

© Riproduzione riservata