Se resterà in piedi, mostrandosi in tutto il suo splendore con gli spettacoli di luci e acqua che hanno caratterizzato Expo 2015, sarà anche merito loro. Di quei ragazzi temerari (per alcuni un po' "matti", ma nel senso buono) con la passione per l'altezza che li porta a fare lavori "spericolati" (e preclusi ai più) con la naturalezza e la sicurezza di chi ha trasformato una passione in lavoro.

L'ALBERTO DELLA VITA - Resterà anche un pezzo di Sulcis - di Iglesias, in particolare - in una delle installazioni simbolo dell'Expo: l'Albero della Vita, 37 metri di acciaio e legno che necessitano di manutenzioni costanti. Operazioni che, per essere fatte in tutta sicurezza, hanno richiesto il lavoro di personale altamente specializzato.

Arrivato a Milano direttamente da Iglesias. Perché ad armeggiare sospesi per aria, da sabato scorso, sono i ragazzi della "Vertical Sulcis", che operano in "distacco" (una sorta di sub appalto) per la Spider di Bergamo: ad essere impegnati fisicamente sul posto sono Daniele Vinci, Andrea Pischedda, Bruno Fonnesu e, via radio da terra, Francesco Vinci, mentre Luca Serra (essendo datore di lavoro) non può prestare direttamente la sua opera sul posto (per ragioni contrattuali) e coordina la squadra, con cui è in contatto costante, da Iglesias.

IL LAVORO - "Siamo impegnati nell'installazione delle cosiddette linee vita - racconta Luca - una serie di cavi in acciaio indispensabili per poter eseguire le manutenzioni in sicurezza". Operazioni delicate che destano sorpresa e ammirazione in chi li guarda, dai piedi dell'Albero, muoversi con l'abilità di chi conosce il fatto suo e ha accumulato esperienza. L'emozione non manca, ma più che all'altezza (sono abituati a livelli anche più elevati, come la centrale Grazia Deledda, a Portovesme, 250 metri) è dovuta alla consapevolezza di svolgere il lavoro in un luogo di grande prestigio. "Non possiamo negare che sia una grande soddisfazione - ammette Luca Serra - sentiamo la responsabilità di contribuire a conservare la bellezza di un'installazione diventata un simbolo".

Dalla loro parte - oltre alla determinazione - c'è un altro fattore che si è rivelato vincente: l'affiatamento e la condivisione di passioni comuni. Perché moschettoni, caschi e imbragatura li hanno accompagnati quando coltivavano due grandi passioni: la speleologia e l'arrampicata.

E con quelle stesse attrezzature, qualche anno più tardi, si sono trasformate in strumenti di lavoro: non più per scoprire le meraviglie racchiuse nelle grotte o provare l'emozione di scalare una parete rocciosa o una montagna, bensì per fare manutenzioni a edifici civili o costruzioni industriali, pulire camini, mettere in sicurezza costoni rocciosi, fare potature, ripristinare sentieri minerari. Senza l'ausilio di alcun ponteggio.

Il lavoro sull'Albero della Vita dovrebbe essere completato nelle prossime ore. "La cosa più complicata è stata la parte burocratica - assicura Luca - decisamente più impegnativa del lavoro in sé".

Cinzia Simbula
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