La pandemia ha cancellato oltre 200 posti per i bimbi nei nidi per l’infanzia in tutta la Sardegna. E nell’isola i genitori pagano la terza percentuale più alta delle spese per avere la garanzia del servizio. 

Lo rivela l’ultima rilevazione dell’Istat sull’offerta dei servizi educativi rivolti ai più piccoli, che riporta i dati consolidati riferiti all’anno scolastico 2020/2021. 

In tutta Italia a metà del periodo considerato erano attivi “13.542 servizi educativi per la prima infanzia con oltre 350mila posti autorizzati al funzionamento, di cui il 49,1% in strutture pubbliche”. Un calo della disponibilità per l’accoglienza pari al 2,9% “a causa soprattutto delle sospensioni del servizio” causate dal virus. 

I numeri per la Sardegna: 8355 i posti disponibili nell’ultima annata rilevata contro gli 8556 di quella precedente. Il calo quindi è stato del 2,3% circa. L’offerta si è ridotta maggiormente nel settore pubblico: 3.233 posti offerti contro 3.388 del 2019/2020. Il privato ne ha perso solo una quarantina. 

I Comuni in un anno hanno speso quasi 600mila euro in meno per garantire i servizi nido e primavera: l’ultima rilevazione parla di 15 milioni e 129mila euro contro  i 15 e 699mila dell’anno precedente. 

I genitori sardi coprono con le rette circa il 18,6% dei costi generali. La media nazionale è del 12,8. E va peggio che ai sardi solo ai marchigiani (20,8%) e ai lucani (25,7%). 

(Unioneonline/EF)

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