È un clima avvelenato da accuse e processi sui social quello che si è creato dopo la scoperta della morte di Davide Calvia, il trentottenne di Sassari trovato cadavere sulla spiaggia di Platamona dieci giorni dopo il naufragio, avvenuto al largo di Stintino, della piccola barca sulla quale era uscito con il cugino Giovannino Pinna, che invece si era salvato: 24 ore dopo l’incidente era tra gli scogli a Marritza.

Il sopravvissuto è indagato per naufragio colposo: un capo d’imputazione, quello formulato dalla Procura di Sassari, che non lo vede accusato direttamente della morte di Calvia, col quale era uscito per una battuta di pesca sub finita in tragedia. Ma il silenzio che ha tenuto finora su quanto accaduto quella drammatica sera del 12 aprile sta alimentando aspre prese di posizione da parte dei familiari più prossimi della vittima. E non è escluso che il suo avvocato, Luca Barrocu, possa presentare delle denunce. Anche per cercare di arginare la deriva delle voci e delle supposizioni. 

Alcune foto di Pinna sono state addirittura pubblicate su Facebook, in un gruppo creato con l’intento di avere verità sulla fine di Calvia, quella chiesta  dalla sorella Nadia: lui è ritratto al bar con altre persone. Un fatto che per i suoi detrattori non sarebbe compatibile con lo stato di malessere e choc  che gli impedirebbe di parlare con gli inquirenti, che attendono di sentirlo da quando è stato dimesso dall’ospedale Santissima Annunziata, dove era stato ricoverato in condizione critiche subito dopo il ritrovamento sulla spiaggia. Pinna potrebbe essere sentito nei prossimi giorni. 

Forse le sue parole potrebbero dare una risposta alla domanda delle domande, in questa vicenda: cosa ha causato la morte di Davide Calvia?

Sul corpo, riconosciuto solo grazie ai tatuaggi dopo la lunga permanenza in mare, sono state trovate delle lesioni, come una ferita alla testa. La Procura, sulla base dell’autopsia,  non esclude che quelle ferite possano essere state causate dall’urto con gli scogli. Ma nemmeno che a provocarle sia stato altro. Chi indaga si muove con i piedi di piombo, per fare chiarezza su una vicenda delicata che sta alimentando sempre più tensioni, con il passare dei giorni. E i tempi della giustizia ordinaria – che segue percorsi precisi – sono più lenti di quella sommaria. Le risposte arriveranno, l’indagine va avanti.

Enrico Fresu    

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