I tetti di spesa assegnati ai privati accreditati nella sanità non possono essere superati. Neanche in Sardegna, nonostante sia una Regione a statuto speciale.

Con questa motivazione il Consiglio dei ministri ha deciso, su proposta del ministro per gli Affari regionali e le autonomie Roberto Calderoli, di impugnare l’ultima delibera approvata dal Consiglio regionale sardo, la legge 1 del 2024 che contiene disposizioni varie in materia di promozione turistica, sanità e altro.

La Regione Sardegna, pur provvedendo con risorse proprie al finanziamento della spesa sanitaria, «non può stabilire una remunerazione in favore degli operatori privati accreditati oltre i tetti di spesa assegnati e oltre il limite massimo di spesa previsto dalla vigente normativa nazionale sulla riduzione dell'acquisto di volumi di prestazioni sanitarie da privati accreditati per l'assistenza specialistica ambulatoriale e per l'assistenza ospedaliera». È quanto si legge nell’impugnazione del Consiglio dei ministri. La legge nazionale, viene ricordato, è pensata «in un'ottica di spending review, con obiettivi di contenimento della spesa pubblica, per tutte le regioni e province autonome».

LA POSIZIONE DELLA REGIONE

Il provvedimento della Regione Sardegna prevede che le risorse residue nei bilanci di Ats in liquidazione, circa 3,3 milioni di euro, siano trasferite all’Ares e che l’Ares poi destini in totale 5,8 milioni nel 2024 agli enti erogatori privati. La Regione si richiamava alla legge 1 del 2023, in cui si legge: «Le risorse non utilizzate di cui al tetto di spesa assegnato per il 2020 per l'assistenza ospedaliera possono essere redistribuite tra gli erogatori privati accreditati che abbiano prodotto un'attività ospedaliera eccedente il budget assegnato nell'anno 2021 e per incrementare il tetto di spesa dell'assistenza ospedaliera nell'anno 2023». Tutto ciò «anche oltre i limiti imposti dalle disposizioni di legge nazionali - era la posizione della Giunta -, in quanto la Regione provvede con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria».

OBBLIGHI COMUNITARI E FINANZA PUBBLICA

Per il governo nazionale non è così. La norma che impone di ridurre gli acquisti di prestazioni dai privati vale anche per le regioni a statuto speciale e le province autonome e soprattutto, viene sottolineato, «costituisce norma di coordinamento della finanza pubblica di cui all'articolo 117, terzo comma della Costituzione». Norma che dunque «non prevede possibilità di deroga anche se la regione provvede con proprie risorse al finanziamento della spesa sanitaria», considerato che le disposizioni «si applicano al fine di garantire il rispetto degli obblighi comunitari e la realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica».

(Unioneonline/L)

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