Digiti “Sardegna” nell’ultimo rapporto annuale dell’Istat 2023, pubblicato oggi, e la ricerca restituisce solo parametri negativi.

Il primo risultato arriva dal paragrafo che, per l’Italia, è intitolato “La fecondità è sempre più bassa e tardiva”. E in questo quadro generale desolante ecco che «la Sardegna, con un tasso di 0,95, è per il terzo anno consecutivo l’unica regione con una fecondità al di sotto dell’unità». Quindi: ogni donna in età fertile fa meno di un figlio. Il valore che garantisce un ricambio generazionale è 2,1 (la media nazionale è 1,24). E le sarde che partoriscono sono le seconde d’Italia per età: 33 anni, in media. 

La conseguenza è ovvia. Scrive l’Istat che, nelle proiezioni al 2041 «in tutte le regioni del Mezzogiorno, tanto la popolazione al di sotto dei 25 anni quanto quella tra i 25 e i 64 subirebbero riduzioni di intensità superiore alla media nazionale. In Sardegna e in Basilicata, in particolare, le contrazioni supererebbero il 30 per cento per la fascia d’età 0-24 anni, e lo approssimerebbero per la popolazione 25-64 anni». 

In termini di incidenza percentuale dei giovani, «la Sardegna si troverebbe all’ultima posizione, al posto della Liguria, tradizionalmente denominata “regione anziana”, e perderebbe ben 10 punti percentuali dei  residenti tra i 25 e i 64 anni (passando dal 55 al 45 per cento di popolazione in questa fascia di età sul totale)». 

Pochi ragazzi, ma dediti allo studio? La risposta purtroppo è no: «La dispersione scolastica è solo uno degli indicatori possibili per valutare le criticità nella valorizzazione del capitale umano», scrive l’Istat. In Italia «il fenomeno riguarda più i ragazzi (12 per cento) che le ragazze (7,4 per cento) e la situazione appare particolarmente critica nel Mezzogiorno, dove la quota raggiunge il 16,5 per cento, sfiorando o superando il 18 per cento in Campania, Sardegna e Calabria». E l’Isola “conquista” il secondo posto nella classifica dei peggiori. 

Questo succede in un ambiente che, almeno a guardare i dati, non è incontaminato: da questa parte del Tirreno ci sono 35.164 ettari di superficie marina e 21.625 ettari di superficie terreste da bonificare, secondo l’istituto di statistica. Ma in questo caso si parla di perimetrazione di Siti di interesse nazionale, che non sono inquinati per la loro intera estensione. 

Enrico Fresu 

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