«Chi siat un annu de paghe pro tottus. Unu saludu dae su loghu prus isperdiu de su mundu». Prima viene il sardo, poi l’inglese e dopo l’italiano. Tradotto: «Che sia un anno di pace per tutti. Un saluto dal luogo più sperduto del mondo». 

Il messaggio arriva dalla base Concordia, «l’avamposto umano più remoto del globo», sull’altipiano antartico, dove le temperature scendono fino a -80°. Ad affidarlo ai social è Marco Buttu, ricercatore del programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra) e dell’Istituto nazionale di Astrofisica (Inaf). Nato a Gavoi, è un habitué delle missioni estreme alla scoperta dei limiti dell’essere umano. 

E in Antartide in questo inizio 2024 ha piantato la bandiera dei 4 Mori. Un pensiero molto chiaro, il suo. Che in un video ha voluto accompagnare con un inno indipendentista: mentre la bandiera sarda sventola, tra i ghiacci risuonano le note di “O Sardigna Patria Nostra”  (nota come O Sardigna custa est s’ora): testo di Angelo Caria e esecuzione dei Kenze Neke, storico gruppo di Siniscola. 

«Issare una bandiera mi mette a disagio perché richiama l'idea del possesso, dell'occupazione territoriale. La bandiera dei quattro mori, che il primo dell'anno sventola sotto il sole di mezzanotte nel luogo più isolato ed estremo al mondo, mi consente però di fare un augurio generale a tutti noi, e uno particolare all'isola di cui sono innamorato», esordisce Buttu. 

Che prosegue: «Auguro che pensieri e azioni di noi umani si basino sempre più sull'ideale del "non-possesso". La possessività è la principale causa dei nostri problemi, dei malesseri sociali e individuali. I bambini, per via della possessività, delle prime manifestazioni dell'ego, possono strappare i giocattoli dalle mani dei compagnetti. La possessività inizia in questo modo e poi evolve con noi bambini diventati adulti che suddividiamo il pianeta marcando dei confini, per poi commettere atrocità spinti dalla brama di nuovi possedimenti. Auguro quindi a tutti noi di issare bandiere non più per occupare territori, ma per identificare culture e aree geografiche».

Il pensiero di Buttu è solo per la sua Sardegna: «Siamo un tutt'uno, è perfettamente vero, quanto è vero che questo mondo sarebbe noiosissimo se ci fosse un unico paesaggio e un unico modo di pensare. Spero quindi di ritrovare la Sardegna autentica come l'ho lasciata, con i bambini della Barbagia che parlano il sardo e il Supramonte ancora selvaggio. Mi auguro di vedere in futuro meno stabilimenti balneari e più spiagge libere, un popolo accogliente, solidale, e anticonformista. Auguro alla Sardegna di rivivere una nuova Pratobello che la liberi dalle occupazioni militari e dalle abominevoli simulazioni di guerra che la disseminano di bombe».

(Unioneonline/E.Fr.)

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