"Potrei fare a meno del corpo, anche se ci sono affezionato. In futuro si vivrà serenamente senza possederne uno". Alessandro Chessa è un professionista multitasking che: 1) studia big data e intelligenza artificiale; 2) scrive puntute riflessioni su Wired, la bibbia di internet; 3) insegna alla Luiss e alla Talent garden innovation school di Milano; 4) fa ricerca applicata al dorato mondo degli affari. È abituato a torchiare i dati fino a far confessare loro verità inimmaginabili e sposta l'orizzonte sempre un po' più in là: "È una questione di sopravvivenza della specie. L'evoluzione riserva sempre sorprese".

Cagliaritano, cinquantatreenne, fisico, dieci anni fa ha fondato Linkalab, laboratori di ricerca a Cagliari e uffici commerciali a Milano: "Le università sarde sono di buon livello, i talenti numerosi. Purtroppo non c'è la massa critica di aziende con un certo peso".

Il suo cliente più importante?

"L'Eni. Stiamo facendo un lavoro enorme - impossibile senza l'intelligenza artificiale - per capire con quali termini si descrive al pubblico: sostenibilità oppure inquinamento? Più in là si potrà intervenire per migliorare la percezione della gente".

Ripulite la faccia a chi ce l'ha sporca?

"Capisci come nasce e si forma un'opinione, può essere anche una leva del marketing utilizzata sui social network".

L'Eni tentò di aggirare l'inchiesta giornalistica di Report parlando con gli utenti sui social.

"Il dipartimento comunicazione diede la propria versione direttamente agli utenti. È stata una scelta".

Cosa c'entra un fisico con la comunicazione?

"Ho fatto un salto dagli atomi alle persone per capirne i rapporti. Alcune teorie che si applicano alle particelle possono essere usate per gli esseri umani".

Un esempio?

"La materia passa dall'ordinato stato liquido a quello caotico proprio del gas: seguendo regole simili le folle virano dalla calma al panico. Si comportano come gli atomi".

L'intelligenza artificiale?

"Usa i nostri comportamenti su larga scala, impara, è in grado di fare la somma di tante voci. Qualcuno attraverso lo smartphone ci sta spiando dal futuro, è in corso un'evoluzione della specie. Forse l'intelligenza artificiale ci è necessaria per non scomparire".

Perché?

"La possibilità di trasferire sulle macchine quanto di più umano abbiamo può essere la nostra salvezza, magari consentendoci di colonizzare pianeti ancora insondabili".

I rischi?

"Il corpo dell'uomo si sta trasformando. I cyborg erano fantascienza, oggi sono realtà. È una grande sfida con alcuni pericoli".

La spaventa l'idea di vivere senza un corpo?

"Quest'idea è tipica di quella parte della società immersa nel benessere che dimentica le grandi porzioni di umanità martoriate proprio nel corpo. Magari tra cinque generazioni il problema sarà risolto così. D'altronde qualche secolo fa chi immaginava di poter volare?"

Se le macchine somigliassero troppo all'uomo, magari con le allucinazioni?

"Le incognite sono tali da invitare tutti alla massima prudenza. Molti Stati investono budget enormi perché c'è un vero e proprio allarme nazionale".

C'è un problema etico?

"Sì. Mi capita di parlare con giuristi, economisti, filosofi, l'avanzare della scienza è tutt'uno con tanti altri campi".

Notizie false in rete?

"Alla radice c'è la perdita di fiducia verso istituzioni che prima erano un punto di riferimento. Non si crede più a nulla. L'ultimo uomo della strada si sente in grado di confutare un risultato scientifico ottenuto con un lavoro serio".

Le colpe degli organi di informazione?

"Hanno esagerato col sensazionalismo, il resto l'ha fatto il matrimonio suicida con la pubblicità alla quale ci si piega con troppa accondiscendenza. La qualità è l'arma vincente. Paradossalmente con l'avanzare delle fake news l'informazione certificata acquista peso".

Come si difende dalle bugie?

"Leggendo solo notizie pubblicate da testate che conosco e di cui mi fido".

Influenzano anche le elezioni.

"È un problema che il mondo sta affrontando".

Le notizie le avranno solo le élite?

"Bisogna evitarlo, ma la possibilità è concreta".

Il neurofarmacologo Gessa sostiene che la moltitudine di informazioni distribuita gratuitamente dalla rete nasconda un trucco.

"Condivido. All'inizio internet offriva tutto gratis in un'ottica di condivisione. I social network hanno introdotto in maniera surrettizia l'idea che l'informazione fosse a costo zero, ma in realtà la nostra vita social è il prodotto vero e proprio che fa guadagnare chi c'è dietro Facebook, Google e gli altri".

Cosa sanno di noi i colossi della rete?

"Molto più di quanto possiamo immaginare. L'unica soluzione è costringerli a consegnare i dati alle nazioni. Altrimenti finiremo come Blade Runner".

Paolo Paolini
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