App, mascherine e decisioni veloci: così l'isola di Taiwan ha fermato il virus
L'importante lezione dell'epidemia di Sars, quando l'isola fu lasciata nell'emergenza completamente solall blitz scatta all'alba. Dopo un'ora di conclave, i vertici del governo dell'isola indipendente di Taiwan, in mezzo al Pacifico, a 130 chilometri dalle coste cinesi, decidono di rompere gli indugi, prima che il capodanno consumi il disastro.
A SORPRESA - Un plotone di medici e sanitari, in assetto di guerra, con pistola termica, tuta bianca, maschere e visiere fa irruzione in ogni aereo appena atterrato all'aeroporto di Taipei, la capitale. A bordo ci sono centinaia di migliaia di lavoratori transfrontalieri, le stime parlano di 440 mila passeggeri in movimento.
È il 31 dicembre del 2019, l'anno attribuito al coronavirus. La mossa a sorpresa non è solo scientifica. Gli abitanti di quest'isola, grande poco più della Sardegna, estesa quanto la distanza che corre tra la punta estrema di Santa Teresa di Gallura e quella bombardata di Capo Teulada, non amano fidarsi.
E si fidano meno di tutti della Cina di Mao Tse Tung, la Repubblica Popolare Cinese. Hanno versato sangue e vite per conquistare indipendenza e sviluppo, per affrancarsi dal dominio asfissiante del Partito Comunista. Hanno combattuto contro le dominazioni olandesi e spagnole, ma soprattutto hanno toccato con mano la contrapposizione con una delle più potenti economie mondiali. Insieme a Hong Kong, Singapore, Corea del Sud, Taiwan è considerata a pieno titolo una delle quattro tigri asiatiche capaci di generare come nessun altro sviluppo e crescita.
La diffidenza ha segnato irrimediabilmente i tratti di questo popolo. Si fidano quanto gli americani nella foresta del Vietnam. E non è un caso che già dall'estate scorsa i servizi segreti di Taiwan avessero allertato il comando di guerra, non quella che si combatte con missili e razzi.
DOCUMENTO TOP SECRET - Nel rapporto segreto sulla scrivania del Ministro della Sanità di Taiwan c'erano dei ricoveri "sospetti" nella città di Wuhan, nella nemica Cina. Gli abitanti di questa terra, sospesa in mezzo al mare, profumata di incenso in ogni angolo di strada, quando non pregano rivolgono domande alla loro divinità. Un rito antico quanto attuale vuole gli abitanti di Taiwan sempre protesi ad interrogare il loro Buddha. E mai come questa volta la risposta fu esplicita: non fidatevi.
In un rapporto riservato del Council on Foreign Relations degli Stati Uniti emerge senza esclusione di colpi la denuncia di Taiwan. Nello stesso giorno del blitz negli aerei il governo dell'isola nemica giurata della Cina mette nero su bianco la sua denuncia all'Organizzazione Mondiale della Sanità: in Cina c'è un potenziale nuovo coronavirus che si trasmette da uomo a uomo. Era la prima segnalazione in assoluto. Ma l'Oms ignora totalmente Taiwan, giusto per non indispettire la potenza della Cina. Scrive il rapporto americano: sino al 21 gennaio il governo mondiale della sanità ha appoggiato in tutto e per tutto il negazionismo della Cina sulla trasmissione del virus da uomo a uomo.
Dalla risposta di Buddha alla lezione di Confucio, osannato con tanto di Tempio nel cuore di Taipei, il passo è breve. Scolpito su pietra miliare, il verbo del pensatore orientale si attaglia in tutto e per tutto alla nuova sfida della tigre di Taiwan: il successo - esortava Confucio - dipende dalla preparazione precedente, senza la quale c'è sicuramente il fallimento. E del resto l'isola che guarda la Cina dal Pacifico, nel passato, anche recente, di insegnamenti ne aveva avuto sin troppi.
I PRECEDENTI - Nel 2003, in piena Sars, la nazione indipendente, non riconosciuta da nessuno come Stato, fu tradita e abbandonata dal mondo intero che la lasciò in balìa di un'altra drammatica pandemia. Né la Cina né l'Organizzazione mondiale della Sanità fecero niente per soccorrere l'isola. Taiwan fu una delle più colpite con 346 casi e 73 morti.
Una donna di polso, presidente indipendentista senza mezze misure, e un ministro della salute con una criniera simile a quella di un cinghiale indispettito di Urzulei capiscono che non possono perdere nemmeno un'ora di tempo. A Taiwan si racconta che "i bambini senza ombrello sotto una forte pioggia devono correre più velocemente degli altr"». Senza alcuna protezione e aiuto da parte dell'Oms, Taiwan non ha altra scelta: deve essere forte e reattiva contro qualsiasi virus o pandemia.
Il Journal of American Medical Association , uno dei più importanti enti mondiali di medicina, certifica: il governo di Taiwan sta vincendo contro il Coronavirus perché ha implementato la lezione solitaria dell'epidemia di Sars del 2003.
Quando il 2020 conosce l'alba i rivali della potente Cina avevano già adottato 124 misure per fermare il coronavirus, senza ricorrere ad alcun blocco della vita. Ventuno milioni di motorini, ventiquattro milioni di abitanti, un'organizzazione scientifica e capillare fatta di piccoli e grandi gesti collettivi che hanno assegnato a questa terra un primato assoluto nel mondo.
LE INFORMAZIONI - Ieri, nella quotidiana comunicazione alla popolazione, Chen Shih-chung, ministro della Sanità e capo della Central Epidemic Command Center , il comando di guerra di Taiwan, ha esordito con un dato: nessun nuovo caso di coronavirus è stato segnalato a Taiwan. Il paese insulare, che la Cina condanna come provincia separatista, ha registrato 395 casi positivi, 124 guariti e appena sei morti. Un dato che se raffrontato con l'Italia o la Sardegna fa rabbrividire. Se quella proiezione si potesse applicare al quadro italiano avremmo avuto non più di 15 decessi, a fronte degli oltre 20mila registrati sinora.
Taiwan, con i suoi quasi 24 milioni di abitanti, a oggi ha registrato il numero più basso di casi per milione di persone rispetto a qualsiasi altra parte del mondo. Tutti gli analisti avevano predetto che per l'isola sarebbe stato un bagno di sangue, con il potenziale secondo posto al mondo per contagiati, proprio per la sua vicinanza e il numero spaventoso di voli di collegamento con la Cina. Niente di tutto ciò è avvenuto. L'operazione Taiwan è stata chirurgica e rapida proprio perché la fiducia verso la Cina era pari a zero. Una lezione mondiale per un'isola che ha saputo bruciare i tempi e organizzarsi per tempo.
LA STRATEGIA - Le mosse sono state precise e decise: identificare i casi, contenerli e allestire la protezione immediata e assoluta della popolazione. L'operazione Taiwan ha subito messo in campo la banca dati nazionale sull'assicurazione sanitaria e l'ha integrata con i dati sull'immigrazione e le dogane per creare i "big data", i grandi dati per l'analisi dell'emergenza in arrivo. Le persone a basso rischio (nessun viaggio nelle aree di allerta di livello 3) attraverso una App telefonica hanno ricevuto un pass per la frontiera, con una dichiarazione sanitaria tramite sms per una più rapida autorizzazione al movimento. Quelli a rischio più elevato (recente viaggio nelle aree di allarme di livello 3) sono stati messi tutti in quarantena a casa e monitorati attraverso il loro telefono cellulare per garantire che fossero rimasti a casa durante il periodo di incubazione.
Ma non è bastato, il governo di Taiwan ha deciso di andare oltre e "stanare" tutti i possibili soggetti positivi a rischio. Uno screening totale su tutti i pazienti con sintomi respiratori gravi (sulla base delle informazioni del database dell'assicurazione sanitaria nazionale). Nessuna influenza spacciata per normale veniva trascurata, sottoponendo ogni potenziale paziente ad esame Covid-19.
LA QUARANTENA - Il 14 febbraio il governo di Taiwan, primo al mondo, fa scattare il sistema di quarantena per l'ingresso, con tanto di modulo online da compilare obbligatoriamente prima della partenza o dell'arrivo in uno degli aeroporti di Taiwan. Un pass per la dichiarazione sanitaria digitale creato e attivato in 72 ore consentendo già dal 18 febbraio a tutti gli ospedali, le cliniche e le farmacie di Taiwan di avere accesso alle storie di viaggio dei singoli pazienti arrivati nell'isola. Il 20 gennaio quando ancora tutto il mondo si interrogava sulla natura e la pericolosità del virus, il Comando operativo del governo fissava il prezzo delle mascherine e assegnava fondi e personale militare per aumentare la produzione di dispositivi di protezione individuale. Sempre il 20 gennaio, il governo di Taiwan ha annunciato che aveva sotto il suo totale controllo una scorta di 44 milioni di maschere chirurgiche e 1100 sale di isolamento a pressione negativa.
Per prevenire file e inutili contese di mascherine ogni cittadino di Taiwan può tranquillamente girare tra i Templi di Confucio e Buddha, tra i grattacieli infiniti, con una semplice App che con una mappa virtuale guidata dal Gps gli dice dove sono le farmacie più vicine con la disponibilità di presidi di protezione facciale.
Ieri la presidente dell'indipendente isola di Taiwan ha annunciato che da oggi l'isola di Confucio si autoprodurrà dieci milioni di mascherine al giorno. Perché a Taiwan la vita continua anche ai tempi del coronavirus.
Mauro Pili
(giornalista)