Dal cuore dell’Europa si sono levati in volo quando l’alba era ancora lontana. La sveglia è stata repentina nel quartier generale della Nato, a due passi dall’Euroregione del Limburgo, il sito concorrente di Sos Enattos per la realizzazione dell’Einstein Telescope. La base aerea di partenza è incastonata sul confine tra Germania, Belgio e Olanda. Qui comanda la Nato, anche se il filo spinato che la circonda batte bandiera tedesca.

Il preavviso dei missili

L’attacco iraniano a quell’ora si stava per concludere con un nulla di fatto, come doveva essere. Del resto, Ali Khamenei, guida suprema degli Ayatollah, era stato esplicito: colpiremo Israele, “solo” per reazione. Poco prima dell’invio di uno sciame di 150 droni “kamikaze”, gli Shahed 137, un centinaio di missili balistici (superficie-superficie) ipersonici modello Kheibar e 36 missili da crociera tipo Paveh 351, aveva mandato un messaggio in “chiaro” a tutte le diplomazie mondiali: li facciamo partire a tale ora e arriveranno in tal punto.

Telefonata allunga la vita

Una telefonata che allunga la vita, ma anche la guerra. Tutto funzionale ad evitare l’escalation, ma utile a tenere alta la tensione nello scacchiere mediorientale. Come dire: vi attacchiamo, ma siete avvisati in tempo utile per neutralizzare ogni missile o drone. Il messaggio è esplicito: questa volta siete avvisati, la prossima no. Così è stato, nella pantomima della guerra da accarezzare, come se l’emozione fosse un folle gioco che imperversa sulla testa del mondo.

Missione Sardegna

Il Notam, il «NOtice To AirMissions», la mappa del volo ad alta quota, è segreto. Il decollo del “gigante” dell’aria nei codici Nato è blindato, come tutte le missioni sotto copertura. Quando i primi sussulti di quel volo si affacciano oltre le Alpi, a Tavolara, davanti ad Olbia, le antenne aeronautiche segregate nelle viscere del faraglione più imponente della Costa Smeralda registrano le prime coordinate: Boeing E-3 Sentry decollato alle 2.31 dalla base aeronautica della Nato di Geilenkirchen in Germania. A quel punto i registri radar di terra cominciano a “confessare” la missione d’alta quota: Sardegna, area centro nord dell’Isola.

Intercetta missili e droni

Nel tracciato di volo c’è la base di partenza, ma l’obiettivo finale è coperto da un acronimo eloquente «N/A»: destinazione non disponibile. Non un semplice aereo, ma una vera e propria torre di comando e controllo volante, capace di gestire centinaia di aerei contemporaneamente, di intercettare ogni avvisaglia di missili e droni all’orizzonte. Non ce l'hanno in molti un aereo di quella portata. Nel mondo lo usano solo gli Stati Uniti, la Nato, l'aeronautica francese, la Royal Saudi Air Force e l'aeronautica cilena.

Pilota “Giotto”

Il “dinosauro” dei cieli non passa inosservato, quando atterra o decolla, per il resto sparisce, nonostante quella sua immensa cupola radar rotante (il rotodome) piazzata come un marchio indelebile proprio sulla fusoliera. Quando i cieli dell’Isola sono ancora avvolti nelle tenebre il “Boeing sentinella” si posiziona proprio sul cuore della Sardegna centrale, tra Capo Comino e Bitti, tra Cala Gonone e Berchideddu. Più che un pilota, a tenere ferma la cloche, sembra Giotto, in persona, se non fosse per l’ausilio automatizzato dell’intelligenza artificiale.

Rotta a cerchio

I cerchi sono infiniti, con una circonferenza perfetta, continua e ripetuta, quasi a segnare il perimetro circolare di quel coordinamento aereo al confine tra il Mediterraneo e l’Europa, come se in quel punto dell’Isola fosse stato eretto il controllo operativo dei cieli nelle fasi immediatamente successive all’attacco iraniano all’estrema periferia di Israele.

Isola in allerta

Che in Sardegna si stesse consumando qualcosa di più rilevante della solita invasione aerea in tempo di esercitazioni militari lo si è percepito a metà mattina, poche ore dopo l’attacco iraniano, quando il “Boeing sentinella” ancora roteava con maniacale precisione nel centro-nord-est dell’Isola. Cagliari-Elmas, l’aeroporto civile del sud Sardegna, in un attimo, infatti, si trasforma in una base aeronautica militare, con il sorvolo radente dei caccia e l’atterraggio di diversi aerei mimetizzati nella livrea e nei codici di volo.

Cagliari, base aerea

La sequenza è ravvicinata: il primo a posare il carrello sul suolo cagliaritano è un “copertissimo” aereo americano partito da un aeroporto Usa durante la notte, questa volta prima dell’attacco iraniano. L’atterraggio sul suolo sardo è alle 9.05 sulla pista 14 dello scalo cagliaritano. Le uniche coordinate a disposizione per individuare il volo sono il modello del jet: Dassault Falcon 2000Lx, un vero aereo business in dotazione a diverse forze armate, solitamente riservato alle alte sfere dei comandi militari.

Viavai da Elmas

Poco prima aveva varcato lo spazio aereo dell’Isola un altro gigante dell’aria, un Hercules C-130, il famoso aereo dello scandalo Lockheed, in dotazione alla United States – Navy, la marina militare americana e partito dalla base statunitense di Sigonella in Sicilia. Ad atterrare sulla pista cagliaritana è anche un aereo cargo militare, ripreso nella foto in alto mentre riparte da Elmas. In questo caso l’Air Force dispiegato sul fronte nord dello scalo di Cagliari-Elmas batte bandiera polacca, come il cargo atterrato nella base aeronautica di Decimomannu, sempre in mattinata. Un viavai senza precedenti.

Informative blindate

Le informative Nato sono blindate, nessuno, salvo i vertici, può sapere cosa realmente sia accaduto in quelle ore sui cieli della Sardegna. Di certo i tracciati che pubblichiamo sono molto più di una prova. Quel cerchio concentrico tracciato nel cuore dell’Isola dall’«aereo-comando» della Nato, il velivolo capace di intercettare ogni aereo, missile o drone, è un segnale fin troppo chiaro del ruolo che la Sardegna sta assumendo in questo esplosivo scacchiere di guerra.

Isola, base logistica

Non ne fanno mistero gli analisti militari sul fatto che si stia tentando di trasformare l’Isola in una sorta di piattaforma logistica militare, sia aeronautica che navale, non troppo vicina al conflitto, ma sufficientemente centrale nell’area mediterranea per garantire il supporto terrestre e, come in questo caso, aereo e successivamente marittimo. Sono tanti i segnali in questa direzione, anche se sono tutti tenuti sotto copertura. Un ruolo dell’Isola nello scacchiere mediorientale sul quale lo Stato italiano non ha ancora speso mezza parola con la Regione sarda, nonostante il rilievo che potrebbe avere questa ipotesi, sempre più suffragata da prove eloquenti e incontrovertibili.

Armi e uomini

Sul posizionamento militare della Sardegna in questo scenario nefasto del Medio Oriente ci sono, però, altre due questioni rilevantissime che non possono essere sottovalutate. La prima: il ruolo della fabbrica tedesca della Rwm di Domusnovas nell’approvvigionamento di bombe e munizioni, vendute a piene mani in tutto lo scacchiere arabo, compreso l’accordo strategico industriale per la produzione in Sardegna del drone israeliano di Uvision. La seconda: la presenza di un contingente di oltre 1500 uomini sul confine israeliano con il Libano. In quella sorta di missione «cuscinetto» tra Israele e gli Hezbollah l’Italia più volte ha inviato proprio i “sassarini”. Ora che i pericoli nell’area sono cresciuti a dismisura, per i vertici militari e politici italiani, si pone pesantissimo il tema del riposizionamento di quel contingente su un altro versante, sottraendolo il prima possibile a rischi imponenti. Il Governo italiano, però, non sembra intenzionato, a rivedere la posizione: nel 2023 ha stanziato altri 149 milioni di euro.

Servitù & guerra

Ultima annotazione: al peso già devastante delle servitù militari, oltre il 65% di quelle italiane sono dislocate in Sardegna, nel silenzio più totale, ora si rischia di scaraventare sull’Isola nuove e ingombranti servitù, questa volta di guerra.

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