Non hanno bussato, nemmeno questa volta. Come spesso capita, in questa terra di conquista, sbarcano nel cuore dell’Isola con anemometro e compasso, sfacciataggine e irruenza. Per loro il paesaggio è un fastidioso orpello, lo considerano roba da Medioevo, dinanzi ai miliardi di euro che pensano di incassare a colpi di pale eoliche. La società è coperta dietro un’anonima sigla: «Scs 15 srl».

La signora del vento

Il cuore del Sarcidano e della Barbagia di Seulo ridotto alla stregua di un “codice” eolico, uno dei tanti congegnati da un’anonima «signora del vento» venuta da Monopoli, quello di Bari, per devastare uno dei prosceni più esclusivi della Sardegna, quello del grande lago, il Flumendosa. Arrivarci, nel tortuoso e lontano cuore dell’Isola, non è impresa da intraprendere a cuor leggero, il tracciato è una serpentina che dopo il Ducato di Mandas si inerpica per sessanta chilometri di tornanti e paesaggi mozzafiato, foreste e pascoli rigogliosi. Eppure, come niente fosse, dalla riva adriatica della Puglia estrema, i signori della società eolica in codice, hanno ben visto di irrompere sul proscenio del Flumendosa con la spavalderia di chi se ne frega di paesaggio e territori, di Comuni e popolazioni. Per loro la sensibilità delle comunità locali per il bene comune del paesaggio è un’inutile perdita di tempo, tanto, grazie ai decreti Draghi e company, gli basta dichiarare quei mostri a tre braccia d’interesse pubblico tanto da ottenere espropri e corsie preferenziali.

Murale esplicito

Non lo hanno capito nemmeno con quel murale a caratteri cubitali, tanto sintetico quanto efficace, “scolpito” su pietra nella scarpata stradale all’ingresso del compendio naturale. Tre parole che gli avrebbero dovuto far comprendere che non si devono aspettare tappetti rossi: «Contro l’eolico resistenza». Invece, niente. Il Ministero dell’Ambiente da qualche giorno ha reso pubblico l’assalto eolico, pianificato in Puglia, l’ennesimo, destinato a colpire il cuore della Sardegna. Tempi stretti anche per le opposizioni tecniche, da presentare entro il 23 marzo prossimo, termine ultimo per “leggere la vita” a progettisti e signori del vento, artefici di un progetto capace di devastare una delle aree più esclusive del sistema idrografico della Sardegna, quello del grande Flumendosa. A guidare l’operazione pugliese in terra di Barbagia, quella di Seulo, è Maria Celeste, Celeste di cognome, una signora che al suo attivo ha ben quaranta società, tutte con codice alfanumerico, sinonimo di uno scacchiere societario dedito alla moltiplicazione eolica in giro per la Sardegna e non solo. È lei che detiene il 95 per cento della holding «Scs Innovations S.r.l», proprietaria del 100 per cento (10 mila euro) della società, la «Scs 15», dichiarata fiscalmente inattiva, che ha deciso di sbancare il promontorio del Flumendosa. Il suo socio “povero” è Carlo Sisto con 500 euro di capitale, dei quali versati solo 125. L’amministratore unico, sia della capofila che della società dedita all’eolico sardo, è Cosimo Sisto. È lui che ha apposto il timbro “approvato” al progetto «Esterzili Wind», dove il termine “approvato” sta per il via libera alla presentazione cartacea al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. La sintesi devastante del progetto è tutta nel titolo: «Impianto di produzione dell'energia elettrica da fonte eolica costituita da 22 aerogeneratori avente potenza di immissione pari a 136,84 megawatt con relativo collegamento alla rete elettrica, ubicato nei comuni di Esterzili, Escalaplano e Seui». Non un territorio qualunque. Lo scrivono loro stessi, probabilmente senza rendersi conto dell’imponenza dei luoghi descritti: «L’area è inserita tra le colline del Sarcidano ed i tacchi della Barbagia di Seulo, è terra di maestosi siti archeologici, di grandi laghi e di boschi secolari attraversati dal Flumendosa. Si distingue per una grande vocazione agricola ed un importante patrimonio pastorale che sorregge l’intera economia». Sarebbe bastato leggere quel che hanno scritto, se fossero stati accorti, per comprendere che in quel territorio carico di “emergenze” ambientali e paesaggistiche sarebbe stato semplicemente folle ipotizzare un piano per conficcare su quegli altopiani intorno al sistema idrografico del Flumendosa ben 22 grattacieli d’acciaio, alti come 66 piani, pari a 199,50 metri. Se uno legge la relazione che accompagna il progetto eolico capisce che solo degli “sconosciuti” potevano ipotizzare tale affronto. Scrivono: «Il Sarcidano è un variegato territorio quasi al centro dell’Isola che unitamente alla Barbagia di Seulo costituisce la via obbligata che segna geograficamente la transizione dalle regioni pianeggianti e agricole campidanesi ai contrafforti montuosi e alle aree pastorali del massiccio del Gennargentu. Con la Barbagia di Seulo si entra nel paesaggio dei Tacchi o Tonneri, formazioni calcaree del versante occidentale e meridionale del Gennargentu, che va a sconfinare verso l’Ogliastra, risultato della frammentazione dell'originario altopiano, diviso dall'erosione fatta per milioni di anni dai vari corsi d'acqua». E loro, i pugliesi, nonostante tra i documenti abbiano declamato a piene mani quel paesaggio, cosa fanno? Si presentano senza colpo ferire al Ministero dell’Ambiente per imporre una foresta eolica nel cuore della Sardegna con la “profonda” giustificazione contenuta nei meandri di migliaia di carte secondo la quale in quel territorio non ci vive nessuno e non ci passa praticamente un’anima.

Per loro impatto nullo

Anzi, arrivano persino a scrivere che l’impatto sul paesaggio è praticamente nullo. L’affermazione contenuta nella relazione paesaggistica è da manuale, forse la più ardita nella storia speculativa della Sardegna: «Rispetto alle modifiche della percezione del paesaggio indotta dalla realizzazione degli impianti tecnologici si osserva che questi risultano scarsamente percepibili sia per le morfologie locali che riducono l’intervisibilità sia soprattutto per la difficile accessibilità delle aree che ne limita fortemente la fruizione e quindi i ricettori paesaggistici. In tal senso si ritiene che gli impianti tecnologici determinino un impatto percettivo lieve, reversibile nel lunghissimo termine, con durata lungo termine, frequenza estremamente rara (in relazione all’assenza di ricettori paesaggistici ed alle difficoltà di accesso alle aree) e portata trascurabile ».

Tanto non ci passa nessuno

Dunque, secondo questi signori, la «frequenza estremamente rara» della fruizione di quelle aree, insieme alle «difficoltà d’accesso» legittimerebbe l’assalto eolico senza problemi. Basterebbero quelle simulazioni d’impatto contenute nell’elaborato dell’intervisibilità per rendersi conto che in tutta l’area del “parco idrografico del Flumendosa” il paesaggio sarebbe letteralmente devastato. A questo si aggiunge un ulteriore elemento: su quel compendio naturalistico sono stati presentati già altri quattro parchi eolici altrettanto devastanti. La somma di quei progetti, compreso quello pugliese appena presentato, porta a ben 74 pale da piazzare sul quel proscenio unico nel suo genere. I signori venuti dalla Puglia sono solo gli ultimi rispetto ad altri colossi che già nei mesi scorsi hanno depositato i loro piani d’assalto sul proscenio del lago, dalla Saras alla tedesca BayWa, sino al colosso delle pale eoliche, la Vestas Wind Systems. Loro, però, i pugliesi, non si preoccupano. La conclusione che vergano è disarmante: «Pertanto, si può a buon diritto concludere che l'impatto cumulativo generato sulla porzione di territorio è basso». Come dire: tanto noi a casa d’altri facciamo quel che vogliamo.

© Riproduzione riservata