Affari privati su beni pubblici, scalate finanziarie con “acrobazie” societarie, alta finanza e poteri forti. Per dare un nome all’operazione hanno fatto ricorso a tutto l’armamentario suggestivo che il vocabolario dei cieli offriva. Inizialmente la definizione doveva essere sintetizzata con uno slogan: “un aeroporto unico per la Sardegna”. Il rischio di essere fraintesi ha suggerito un’immediata retromarcia. Lo spot successivo declinava una altisonante “gestione unitaria degli aeroporti sardi”. Anche questa sintesi, però, non li ha convinti rispetto al vero obiettivo prefissato. Alla fine, la versione finale, sono andati a scovarla nei “sacri testi” della Commissione Europea: “rete aeroportuale della Sardegna”. Peccato, però, che il significato dato dagli uffici di Bruxelles alla definizione di “rete aeroportuale” fosse l’esatto contrario di quello che si stava progettando tra gli uffici del Largo Carlo Felice, sede cagliaritana della Camera di Commercio, e i Palazzi della finanza privata milanese.

In sintesi, privatizzare

In tutti i modi i protagonisti dell’assalto aeroportuale hanno cercato di smentire la sintesi più efficace e realistica dell’operazione: privatizzazione dell’aeroporto di Cagliari, sino ad oggi il 94,4% delle azioni è in mano alla Camera di Commercio, e realizzazione di un vero e proprio monopolio delle porte aeree d’ingresso e uscita dalla Sardegna, ovvero gli aeroporti di Olbia, Alghero e quello cagliaritano di Elmas. Per essere più chiari, l’obiettivo dei vertici della Camera di Commercio era quello di privatizzare l’aeroporto di Cagliari, ma per farlo serviva una “scusa-giustificazione” che potesse ammantare l’operazione di un presunto interesse pubblico.

“Motivazione-scusa”

È così che si sono “inventati” la “motivazione-scusa” della “rete aeroportuale” per ottenere due risultati: privatizzare da una parte e dall’altra scegliere, senza alcuna gara pubblica, il privato che acquisisce di fatto, anche se non formalmente, la maggioranza e la governance di tutti e tre gli aeroporti sardi. In pratica nei palazzi di Milano e Cagliari si era scelto prima a chi “vendere” la concessione di quell’immenso patrimonio pubblico e poi la strada che, secondo i loro “ingegneri finanziari”, sarebbe stata più semplice per arrivare al risultato finale. Alla fine, quella “fantasiosa” alchimia societaria fatta di “concambi”, fusioni, patti parasociali e “scorciatoie” societarie, l’hanno messa nero su bianco con una delibera tanto esplicita quanto eloquente. Un atto che di fatto aveva “apparecchiato” la “fusione-privatizzazione” aeroportuale della Sardegna stabilendo, senza alcuna evidenza pubblica, chi si sarebbe dovuto sedere alla “tavola rotonda” degli aeroporti sardi.

Occhi aperti

È tutto qui il meccanismo che ha aperto gli occhi a magistrati e revisori dei conti, ha fatto innalzare le barricate alle associazioni di categoria, dalla Confcommercio alla Confesercenti, dagli operatori turistici sino alla Corte dei Conti. La Camera di Commercio di Cagliari, mettendo in piedi l’operazione, ha vergato negli atti la finalità “nobile” dell’operazione: «creare un unico soggetto che possa governare unitariamente gli scali aeroportuali del territorio regionale». In realtà, non vi era nessuna logica esigenza di creare un soggetto unico per coordinare la gestione unitaria degli aeroporti sardi. Quella strada, però, avrebbe consentito il secondo passo: quello di privatizzare l’aeroporto di Cagliari con un soggetto privato che, con il peggiore dei termini possibili, è stato definito “infungibile”, ovvero insostituibile. Lo hanno scritto apertis verbis, senza pudore alcuno: «l’unica soluzione idonea a consentire di conseguire l’obiettivo strategico della realizzazione di un sistema aeroportuale unico sardo risulta essere l’integrazione tra gli operatori aeroportuali del territorio regionale».

Obbligo “divino”

Il passo successivo viene descritto come un obbligo quasi “divino”: la privatizzazione si deve fare con F2i & company «non essendo possibile per l’aeroporto di Cagliari realizzare la rete aeroportuale della Sardegna con altri operatori». È proprio il caso di dire che il fine giustifica i mezzi. Il mezzo della rete aeroportuale, però, in questo caso non solo è una forzatura concettuale e sostanziale, ma è un chiaro travisamento delle norme europee e italiane. In primo luogo, l’Europa. La Direttiva comunitaria 2009/12 è esplicita: “Rete aeroportuale” è funzionale ad un sistema di aeroporti, debitamente designato come tale da uno Stato membro, finalizzato ad «introdurre un sistema di tariffazione aeroportuale comune e trasparente da applicare all’intera rete». Da nessuna parte è scritto nelle Direttive europee che per gestire “una rete aeroportuale” occorre fare fusioni societarie e “goliardiche” privatizzazioni senza alcuna evidenza pubblica. E’, quindi, fin troppo chiaro che quella forzatura dei “mezzi”, la fantomatica e suggestiva “rete aeroportuale”, “inventata” per raggiungere il “fine” della privatizzazione attraverso il “predestinato” azionista privato del Fondo finanziario F2i risulta lontana mille miglia dalle stesse norme vigenti, sia in termini di concorrenza negata nella scelta eventuale di un privato, sia di reale convenienza “strategico-commerciale” nel “chiudere” gli aeroporti sardi nel “recinto” di F2i e dei suoi soci.

Rete privata

Una “rete aeroportuale sarda” che in fin dei conti risulterebbe concepita con il solo fine di affidare ad un “raggruppamento privato”, ben individuato, la gestione e la governance dei tre aeroporti sardi. Una rete “privata” dentro la quale si vorrebbe far finire anche l’aeroporto di Cagliari, l’unico ancora totalmente pubblico, capace da solo di rompere il monopolio che si vorrebbe costruire sulle porte d’ingresso dell’Isola. Un’infrastruttura fondamentale per creare sviluppo turistico e non solo, senza condizionamenti di interessi privati e di chi persegue il solo fine “finanziario” ed economico dei propri azionisti, ignorando il valore strategico di un aeroporto.

Polpa & ossa

Basterebbe traguardare lo scacchiere aeroportuale di F2i in Italia per comprendere che la Sardegna non sarebbe mai “una rete aeroportuale” finalizzata agli interessi dell’Isola, ma finirebbe per restare schiacciata e ostaggio di una “rete” di interessi commerciali e finanziari infinitamente lontani dal ruolo strategico di un aeroporto come quello di Cagliari. In pratica, in modo privatistico, e senza alcuna evidenza pubblica, si finirebbe per restare sotto scacco degli aeroporti di Milano, Linate e Malpensa, Torino, Bologna, Trieste, Napoli, Salerno con politiche di sviluppo e di attrazione che finirebbero per “spolpare” la Sardegna d’estate e lasciarla all’osso per il resto dell’anno. Insomma, di regia sarda non ci sarebbe proprio un bel niente, anzi. Il controllo operativo, strategico ed economico sarebbe nelle mani dei potenti fondi finanziari che avrebbero il controllo degli aeroporti sardi sotto ogni punto di vista. Zero concorrenza e monopolio assoluto. E la decisione dell’Antitrust dei giorni scorsi apre nuovi e inquietanti interrogativi sull’operazione. Questo, però, è un altro capitolo di una storia con tanti poteri forti e affari d’alto bordo.

(1.continua)

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