"A parlare male degli altri si fa peccato; ma spesso s'indovina".

"Non basta avere ragione, serve anche qualcuno che te la dia".

E, naturalmente: "Il potere logora chi non ce l'ha".

Sono alcune massime attribuite a uno dei personaggi più machiavellici e controversi della storia politica italiana.

Senza dubbio protagonista. Un simbolo, nel bene e nel male, della Prima repubblica e del potere detenuto dalla Democrazia cristiana dal Dopoguerra a Tangentopoli.

Stiamo parlando di Giulio Andreotti, morto esattamente quattro anni fa, il 6 maggio 2013.

Classe 1919, romano, la sua carriera nei ranghi politici e istituzionali è tuttora ineguagliabile: sette volte presidente del Consiglio, ventisette volte ministro, cancelliere e tesoriere dell'Ordine militare d'Italia, cavaliere di gran croce, senatore a vita. Ed è stato anche il parlamentare più votato in tutte le elezioni politiche del Novecento, superato solo quattro volte in mezzo secolo da De Gasperi e Aldo Moro.

Finì più volte nella bufera e in sospetto di essere l'artefice di trame oscure e pure imputato per mai del tutto chiariti rapporti con Cosa Nostra.

Accuse che lui stesso seppe riassumere alla perfezione, con tagliente sarcasmo: "Guerre puniche a parte, mi è stata data la colpa di tutto ciò che è successo in Italia". /a>

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