Sono brutti da vedere, occupano i piazzali delle imprese, sono ricettacolo di roditori e insetti e, se non adeguatamente smaltiti o riciclati, possono arrecare gravissimi danni all’ambiente. In più creano anche ingenti danni economici alle attività di ricambio e manutenzione gomme che possono essere sanzionate amministrativamente e penalmente per il superamento dei quantitativi consentiti in deposito temporaneo. Insomma, delle vere e proprie bombe ecologiche.
È una storia infinita quella del mancato ritiro dei PFU, pneumatici fuori uso, nei piazzali dei gommisti. Ed è alta la protesta tra i gommisti e gli autoriparatori della Sardegna che hanno ormai sature la maggior parte delle aree destinate al momentaneo stoccaggio delle gomme.

Con il pieno riavvio delle attività, dopo la lunga fase di lockdown, le imprese di ricambio e manutenzione delle ruote si ritrovano dunque letteralmente sommerse di materiale da smaltire, con il crescente rischio di subire pesanti sanzioni da parte delle autorità di controllo.
“È una situazione esplosiva che si protrae ormai da parecchi mesi, se non da anni, che crea disagi ormai intollerabili e che più volte abbiamo segnalato - commenta Daniele Serra, Segretario Regionale di Confartigianato Imprese Sardegna - benché le imprese paghino regolarmente la quota relativa al contributo necessario allo smaltimento sugli acquisti dei pneumatici nuovi, le gomme usate vengono ritirate con una frequenza non sufficiente a smaltire tutto ciò che le imprese accumulano e che vorrebbero venisse portato via con puntualità. Lo pneumatico fuori uso è un rifiuto speciale e come tale richiede un trattamento adeguato”.

Il problema dei PFU nasce a monte, perché nel settore manca un sistema di tracciamento e
controllo, che permetta di contrastare l’ingresso irregolare di pneumatici in Italia, che è stimato attorno alle 30/40 mila tonnellate all’anno. 


“Sappiamo bene che i Consorzi stanno svolgendo il loro lavoro e che in molti casi, addirittura si accollano anche il ritiro di quote di pneumatici superiori a quelle stabilite dai contratti o ripuliscono
aree contaminate da questi scarti – continua Serra – infatti il problema è del Ministero della Transizione Ecologica che dovrebbe rivedere i contratti in modo estensivo in modo da soddisfare questa necessità che sta diventando sempre più pesante per le imprese, per gli enti locali, per le autorità di controllo e per lo stesso ambiente”.

“Come Confartigianato - sottolinea il Segretario - ci siamo già mossi a livello nazionale chiedendo che, in attesa di un adeguamento delle quote spettanti a ogni Consorzio ovvero in attesa che tutti gli PFU vengano ritirati, venga sospesa l’applicazione delle sanzioni alle imprese che a causa dei mancati ritiri abbiano superato i limiti del deposito temporaneo o, in alternativa, che tali limiti siano
adeguatamente ampliati. In ogni caso informeremo nuovamente anche l’Assessorato Regionale all’Ambiente, e chiederemo un incontro urgente, per proporre un piccolo stanziamento per riportare, come avvenuto per esempio con i rifiuti di amianto, alla normalità le situazioni più difficili”.

“Inoltre – prosegue Serra - abbiamo anche chiesto un aumento del target di raccolta, parametrato ai quantitativi effettivi di PFU che necessitano di essere correttamente raccolti con un equo incremento dell’attuale contributo ambientale se necessario.

Quello dei pneumatici fuori uso rivenduti on line illegalmente o smaltiti senza pagare il contributo è un fenomeno che, a livello nazionale, vale 100 milioni all’anno e centinaia di migliaia di siti inquinati. I dati vengono dall'Osservatorio sui PFU, nato nel 2016 per monitorare un settore che in Italia rappresenta un’eccellenza nonostante le storture e le truffe. 

(Unioneonline/v.l.)

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