Reso gratuito, il mantra che fa lievitare i fatturati
Lievita anche l'inquinamentoSecondo uno studio del Journal of marketing le aziende che offrono la possibilità di rendere gratuitamente gli acquisti fatti on line aumentano le proprie vendite del 457 per cento. Compra, prova, e se non va bene restituisci: una formula magica che riesce a influenzare e convincere anche i potenziali acquirenti più duri e consente di moltiplicare gli affari. Il rovescio dell'incantesimo è però l'inquinamento. Perché la piena libertà sui resi non gonfia solo i fatturati: crescono anche le spedizioni, perché pacchi e pacchetti devono arrivare a casa, spesso dopo aver attraversato mezzo pianeta. E se si vuole credere a un altro studio, questa volta pubblicato dal New York Times, il trasporto è la prima fonte di gas serra nell'atmosfera. Non solo: ci sono gli imballaggi, che poi ritroviamo sotto il portone di casa in attesa del giro di raccolta. Plastica e cartone, spesso utilizzati in misura spropositata per confezionare i nostri acquisti, superano il peso e il volume degli abiti o degli oggetti comprati.
L'aumento degli imballaggi sta diventando un problema per le città, costrette a far fronte a quantità sempre maggiori di rifiuti. Tutto questo si traduce in un tasse municipali più alte per la raccolta e lo smaltimento. Inoltre, come segnala il rapporto di Forter Fraud Attack Index le frodi legate ai resi costano più di 15,3 miliardi di euro l'anno. Tornando ai resi, è importante dire che un report di Appriss Retail ha quantificato il loro valore in 369 miliardi - sì, miliardi - di dollari solo negli Stati Uniti. Una somma che rappresenta il 10 per cento delle vendite e che l'anno prossimo dovrebbe aumentare fino a 550 miliardi.
Esistono vari tipi di acquirenti seriali, uniti da un minimo comune denominatore che è il reso gratuito.
Non c'è solo chi fa shopping compulsivo sullo smartphone. In America hanno già dato l'etichetta di wardrober - guardarobiere, a chi acquista un capo con l'intenzione di indossarlo per una serata e restituirlo l'indomani. Con una declinazione social: spesso c'è chi compra un vestito o un paio di scarpe solo per sfoggiare tutto su Instagram, per poi rimpacchettare e rispedire al mittente. Un po' come quelli che noleggiano per pochi minuti i jet privati solo per potersi fare un selfie. Infine c'è chi compra diverse taglie o colori dello stesso capo, riservandosi poi il diritto di provare il tutto una volta ricevuto l'acquisto e tenere solo la versione che gli sta meglio. Non sapete se prendere la S o la M? Non importa: basta comprarle tutte e due e restituire quella fuori taglia. Alcune case di moda e aziende specializzate in sartoria su misura, per evitare questo, offrono il rimborso di piccoli ritocchi fatti dai sarti di fiducia dell'acquirente. Non poter indossare i capi prima dell'acquisto è spesso un problema. Molti lo risolvono andando nei camerini dei negozi tradizionali per una prova. Poi l'acquisto è on line, a un prezzo inferiore. I commercianti però prendono le proprie contromisure. Alcuni negozianti chiedono un contributo di 5 o 10 euro per provare le scarpe. Ma la trovata è stata bocciata da Confcommercio. La quantità di abbigliamento - spesso di bassa qualità - prodotto e spedito in giro per il mondo è sempre in aumento. Tanto che secondo uno studio riportato da The Telegraph, il valore dell'usato dovrebbe superare quello dei capi nuovi entro il 2028. La rivendita guadagnerà sempre più spazio e, soprattutto, tra i consumatori con budget di spesa più alto, che oggi rappresentano il 12 per cento della clientela e sono pronti a raddoppiare le proprie spese nei prossimi 5 anni.
E c'è chi propone una ricetta alternativa: il noleggio. "Il fashion renting può rivelarsi particolarmente utile per ridurre il numero dei resi, contribuendo alla salute dell'ambiente", dcie Caterina Maestro, fondatrice di DressYouCan. "Con il noleggio è possibile ottimizzare il consumo rendendolo sostenibile, indossando abiti sempre nuovi senza alimentare gli sprechi tipici del fast fashion. Meno acquisti e più noleggio: così è possibile sfoggiare capi d'alta moda, senza comprare vestiti che, probabilmente, non verrebbero utilizzati mai più". E' il futuro, speriamo sia remoto.